Nacque a Faenza il 17 ottobre 1893 e morì, nella stessa città, il 1 novembre 1979.
La sua famiglia non possedeva i mezzi economici per farlo studiare alle superiori, e così il giovane Raffaele seguì un corso di disegno e andò a bottega – come si diceva in tempi passati - da un artigiano. Queste esperienze gli furono utilissime, perché cominciò a costruire da sé gli strumenti necessari al lavoro di ricerca scientifica. Infatti, dopo il terremoto del 1908 che colpì duramente Messina e Reggio Calabria, si appassionò alle Scienze della Terra e all’Astronomia. Richiamato alle armi nella Grande Guerra, ebbe un’intuizione durante il servizio di guardia a un tratto di costa del litorale ravennate. Osservando e considerando che il moto ondoso assecondava la forza di attrazione gravitazionale della Luna – maree di quadratura e, con la contemporanea azione del Sole, di sizigie - si chiese se anche la massa terrestre fosse soggetta alla stessa sollecitazione del nostro satellite naturale. Da quel momento, e fino alla morte, si dedicò quasi esclusivamente a questo tipo di ricerca, cioè dimostrare che i terremoti sono originati dalla forza che i corpi celesti esercitano sulla Terra. In effetti, è noto da molto tempo che esistono anche le maree terrestri, ossia deformazioni della crosta che, per sua natura, possiede un notevole grado di elasticità. Si può ben dire, con linguaggio semplice, che la Terra subisce allungamenti e restringimenti causati sempre dall’attrazione gravitazionale, della Luna in particolare.
13/1/1915: un sisma dell’undicesimo grado della scala Mercalli devasta la Marsica, in particolare Avezzano. Solo trecento abitanti si salvano, su un totale di undicimila. Bendandi ricorda di avere scritto qualcosa a tal proposito. Cerca tra i suoi documenti ed effettivamente trova un appunto: “Forte scossa di terremoto nell’Italia centrale per il 13/1/1915”. Il biglietto reca la data del 27 ottobre 1914. Rimane basito e, nello stesso tempo, galvanizzato dalla previsione. Studia con accanimento per diversi anni e, nel 1923, convoca una conferenza stampa in un teatro di Faenza. Dichiara che l’origine dei terremoti è esogena, cioè esterna alla Terra. Sono i corpi del Sistema Solare a determinare il turbamento dell’equilibrio sismico. L’azione di scherno nei sui confronti ha inizio. Non resta turbato più di tanto e, nel novembre dello stesso anno, si reca dal notaio Domenico Savini di Faenza. Lo incarica di scrivere e custodire un documento: ci saranno due terremoti . Il primo, in America, il 21 dicembre dello stesso anno; il secondo, più forte, nei Balcani, il 2 gennaio 1924. I sismi si verificarono alle date previste, ma i siti furono un po’ generici. Si aprono le porte della notorietà: il Corriere della Sera lo esalta, definendolo l’uomo che prevede i terremoti. E molti giornali, anche esteri, gli offrono di collaborare. Tuttavia, si rende conto che alcune critiche sono fondate, la sua teoria necessita di essere perfezionata. Intensifica gli studi e ritiene di avere scoperto quattro pianeti al di là di Plutone, i cosiddetti transnettuniani, dei quali calcola massa, periodi di rotazione e rivoluzione. Li chiama Dux, Rex, Roma e Italia. Con l’introduzione dei quattro pianeti, gli ostacoli sembrano superati, è soddisfatto e pronto a nuove previsioni. Scrive un libro, Un principio fondamentale dell’Universo, e consegna all’Accademia Pontificia i risultati di sue ricerche sulle macchie solari. Gli ambienti accademici, che in un primo momento lo accolgono, tanto da eleggerlo membro della Società Sismologica Italiana, cambiano radicalmente atteggiamento. Definiscono lui empirico e le sue previsioni fallaci e allarmistiche. Lo scontro si fa durissimo. Il presidente della summenzionata Società chiede misure atte a farlo tacere. Il regime fascista, nel frattempo, manifesta un atteggiamento altrettanto contraddittorio: prima lo nomina Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia, poi lo diffida “ a non dare d’ora in avanti più a giornali esteri o italiani notizie relative a futuri terremoti con comunicatoria di adottare gravi provvedimenti a suo riguardo qualora continuasse a darle”. Bendandi, deluso e furente, cerca di adeguarsi, almeno ufficialmente. Reagisce alla sua maniera: continua gli studi. Si dedica ulteriormente alle macchie solari e agli effetti che provocano sull’equilibrio psichico dell’uomo. È convinto che influenzino, tra l’altro, comportamenti criminali. Tuttavia, la previsione di un nuovo terremoto lo induce a recarsi dal prefetto di Bologna. Ancora una volta, non riceve attenzione, il funzionario reagisce in malo modo alla richiesta di avvisare la cittadinanza. L’incontro con il sismologo faentino, però, costa a sua eccellenza il prestigioso incarico governativo. Impaurito da un possibile terremoto, infatti, dorme in un vagone ferroviario. Mussolini, venuto a conoscenza del coraggioso comportamento, lo destituisce all’istante. Bendandi considera l’episodio una vittoria di Pirro e decide di non fare ulteriori previsioni, di tacere definitivamente. Passano i decenni e le sue teorie continuano a provocare scetticismo. Non trova interlocutori nemmeno nel 1963, quando un terremoto colpisce proprio la sua Faenza. Riguardo a quest’ultimo evento, il deputato Stefano Servadei presenta un’interrogazione parlamentare, chiedendo di sapere “quando la si smetterà di sottovalutare – per via della mancanza di titoli accademici - l’opera di uno scienziato che in mille modi ha tentato di avvertire circa i sismi”. L’azione dell’onorevole sembra non sortire gli effetti sperati. E si giunge al terremoto del Friuli, nel 1976. Anche in questa occasione Bendandi avrebbe cercato di avvisare chi di competenza, ma senza successo. Passa i suoi ultimi anni nel silenzio e nella comprensibile delusione, nonostante la nomina, in precedenza concessa dal presidente Gronchi, a Cavaliere Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana. Muore – in totale solitudine - a 86 anni, il 3 novembre 1979. Lo trovano, giorni dopo, alcuni vicini insospettiti dalla prolungata assenza. La sua residenza – via Baldassarre Manara, 17- può essere visitata. All’esterno, una targa commemorativa: “Qui visse e creò i suoi osservatori Raffaele Bendandi, autodidatta, che ha dedicato tutta una vita agli studi sismologici e astrofisici portando alla scienza originali contributi. La società bendandiana lo ricorda nella casa che la ospita e che lui ha donato a Faenza”.
Con il decesso, iniziano i misteri. Il primo: il materiale – documenti, appunti, calcoli, disegni – dello scienziato si trova in ordine, alla chiusura della sua casa. In successivo momento, alcuni visitatori trovano tutto in subbuglio: qualcuno era penetrato furtivamente alla ricerca di chissà cosa. Il secondo: si notano documenti parzialmente bruciati. Chi è stato? Prima della morte, forse lui stesso, a causa di una crisi depressiva? Una certezza, legata all’avverbio parzialmente: chi ha appiccato il fuoco si pente e salva il salvabile. Su due carpette, infatti, si leggono le date 2011 e 2012. Previsioni per nuovi terremoti? A tal proposito, un’importante precisazione: sul web imperversano notizie circa un sisma di notevole entità che dovrebbe colpire una metropoli italiana proprio il 13 maggio del corrente anno. Per senso di responsabilità, non citerò il nome della stessa, anche se moltissimi lo conoscono. In ogni caso, la signora Paola Lagorio, presidente dell’associazione Bendandiana, ha recentemente smentito qualsiasi illazione. Preannuncio altresì che su tale ipotesi, mi metterò in contatto con il professor Enzo Boschi, Direttore dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, per ulteriori e autorevoli informazioni.
Considerazioni sull’attività scientifica dello studioso di Faenza.
La sua Teoria sismogenica si basa, essenzialmente, su quatto pilastri:
A) La crosta terrestre è dotata di elasticità.
B) I pianeti che rivoluzionano intorno al Sole esercitano attrazione gravitazionale sulla Terra.
C) I loro allineamenti, che fanno aumentare la forza gravitazionale, sono periodici e prevedibili.
D) I terremoti avvengono in concomitanza di questi allineamenti.
Sui primi tre punti, non si discute, la Scienza ha fatto chiarezza già da molto tempo. Sull’ultimo, c’è scetticismo e, addirittura, scherno.
Sempre sul punto D, lascio la parola allo stesso Bendandi: “L’origine dei terremoti, secondo le mie teorie, è prettamente cosmica. Un sisma avviene, secondo i dati da me raccolti e controllati, quando nel giro mensile di una rivoluzione, l’azione del nostro satellite va a sommarsi a quella degli altri pianeti. Quindi i terremoti sono esattamente prevedibili”. Si tenga presente che lo scienziato dichiarò in molte occasioni: “Ho esaminato, andando a ritroso, oltre ventimila eventi e sempre ho avuto conferma circa le mie teorie”.
Come risponde la Scienza ufficiale? Sorvolando sui commenti beffardi che non meritano di essere presi in considerazione, questo il parere del summenzionato professor Boschi: “La teoria di Bendandi ha un punto molto debole: non rispetta il Principio di conservazione dell’energia. È vero che i corpi celesti esercitano un’attrazione sulla Terra, ma le forze in campo sono piccole in confronto al grande quantitativo di energia che si presenta in occasione di un sisma”. Opinione autorevole e rispettabile che sarà esaminata in un articolo ad hoc, anche se mi permetto ricordare che tale forza gravitazionale – durante le maree - causa in alcuni luoghi del pianeta innalzamenti dei livelli oceanici di molti metri ( 10.1 nella Baia di Mont Saint Michel, in Francia; 18.0 alla foce del Rio Gallegos, in Argentina; addirittura 19/20.0 nella Baia di Fundy, in Canada). In generale, però, si rimprovera a Bendandi di essere stato evanescente sui punti essenziali nella previsione dei terremoti: Il luogo esatto, il tempo e la magnitudo. Se anche uno solo di questi elementi non è preciso, non si può parlare di previsione stessa. Ad ogni modo, restano i fatti: in molte occasioni, lo studioso di Faenza fece centro. Questo – repetita iuvant - non bastò agli ambienti accademici per prendere in seria considerazione le sue idee, anche se ci fu una lodevole eccezione, rappresentata da padre Guido Alfani, direttore dell’Osservatorio Ximeniano di Firenze. Del resto non c’è da meravigliarsi, la Storia della Scienza riporta innumerevoli casi di ostilità nei confronti di chi non è allineato sulle posizioni ufficiali. Cito un solo esempio, perché presenta un forte legame con i terremoti: Alfred Wegener, geologo tedesco, scopritore della Teoria della deriva dei continenti. Circa la stessa, ecco alcuni commenti: “L’ipotesi di Wegener, in generale, va completamente a ruota libera, si prende una considerevole libertà col nostro globo ed è meno vincolata da restrizioni o trattenuta da fatti assurdi e spiacevoli delle teorie che le si oppongono”. “C’è un solo geologo, in qualsiasi parte del mondo, che sia pronto a sottoscrivere questa sconcertante affermazione?” I nomi di coloro che manifestarono tali commenti sprezzanti non meritano di essere menzionati, ricordo solo che il pensiero scientifico di Wegener è oggetto di studio in tutte le scuole e università del mondo. Per quanto mi riguarda, di Bendandi ho il massimo rispetto. Si consideri che noti astronomi ( Wood e Smith) hanno preso spunto da lui per formulare alcune tesi. Non solo, ma in un articolo pubblicato da Science nel 2004, la scienziata Elizabeth Cochran (Università della California) ha sostenuto che “le maree più grandi hanno un ruolo significativo nell’innescare i terremoti” . Dello stesso parere sono i colleghi John Vidale e Sachicho Tanaka.
Che sia l’inizio di una rivalutazione del pensiero scientifico di Raffaele Bendandi?
Prof. Giuseppe Pitrone
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