Tra tutti coloro che hanno dato un impulso al progresso scientifico e ricevuto amarezze, Semmelweis occupa il posto d’onore. Osteggiato, deriso, diffamato e infine relegato in un manicomio. La colpa? Avere detto la pura verità e salvato innumerevoli vite umane. Semmelweis - soprannominato, appunto, il salvatore delle madri - il vincitore della febbre puerperale, colui che morì solo e dimenticato. E in modo atroce.
Nacque a Buda, il 1 luglio 1818 e morì a Dobling, il 13 agosto 1865. In un primo momento s’iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza, ma fu breve amore. Capì subito che la Medicina era la sua vera passione ed entrò alla Scuola Medica Viennese. Le difficoltà iniziarono subito dopo la laurea, faticò non poco per trovare una collocazione appropriata, anche allora vigevano raccomandazioni e favoritismi. Diventò - contratto biennale, da rinnovare - assistente di un tal Klein, direttore della clinica ostetrica al celebre ospedale Allgemeines Krankenhaus, inaugurato nel 1784 dall’imperatore Giuseppe II in persona. A quei tempi la febbre puerperale rappresentava una seria preoccupazione per le partorienti in tutti i luoghi di cura del mondo. Si tratta di una gravissima infezione dell’utero, di solito si verifica dopo il parto. Sono i batteri, in particolare Streptococco ed Escherichia coli gli agenti infettanti che raggiungono l’endometrio. I sintomi sono: aumento di volume dell’utero e conseguenti dolori, febbre elevata, tachicardia, leucocitosi, cefalea, lochiazioni anomale. Si trasmette attraverso il contagio diretto, con lesioni delle mucose durante il parto. Per fortuna, gli antibiotici e l’igiene hanno debellato del tutto la malattia, almeno nei Paesi progrediti. Tuttavia, ai tempi di Semmelweis rappresentava un autentico flagello. Il reparto nel quale lavorava il giovane Ignáz era costituito da due padiglioni: il primo gestito da medici che eseguivano anche autopsie, il secondo da ostetriche. Semmelweis, diligente e acuto, si accorse subito che la mortalità post partum era altissima proprio in quello dei colleghi. Inoltre, anche gli studenti potevano eseguire dissezioni e visite. Non solo. Appurò che, prima di Klein, l’ospedale era diretto dal professor Boer e che la febbre puerperale era pressoché assente. Iniziò le indagini con grande fervore, escluse alcune possibili cause - aria malsana delle città, autosuggestione delle pazienti - studiò i lavori di Gordon e Holmes. Fu in seguito alla morte di un suo caro amico e collega, però, che trovò conferma delle intuizioni già abbozzate. Notò che il corpo presentava lesioni simili a quelle delle pazienti morte di febbre puerperale e seppe che si era ferito proprio nel corso di un’autopsia. Giunse ad una conclusione: il contagio era trasmesso dagli stessi medici e dagli studenti. Può sembrare assurdo, ma - sempre a quei tempi - le norme igieniche erano quasi del tutto assenti proprio negli ospedali. Infatti, si passava con disinvoltura, cioè senza lavarsi le mani, dalle autopsie alle visite. Boer aveva operato una netta separazione tra gli esami autoptici e il contatto con le donne. Klein, invece, era del tutto insensibile al problema e considerava normale la commistione. Dottori e praticanti dissezionavano i cadaveri, le ostetriche no. Ecco perché la morte era ritornata nei reparti, ecco perché si moriva molto più nel primo padiglione. Semmelweis impartì due ordini: lavare e disinfettare le mani (soluzione di cloruro di calce) prima delle visite e cambiare spesso le lenzuola alle pazienti. I risultati gli diedero subito ragione. 1846: mortalità all’11%. 1847, anno delle nuove disposizioni: 5%, per giungere all’1% poco tempo dopo. Ciononostante, ecco le critiche: si permette di ordinare, offende i colleghi, è un nazionalista ungherese, incide sulle finanze con il cambio delle lenzuola. Risultato? Il contratto di lavoro non sarà rinnovato. Cacciato e deriso, Ignáz si trasferì a Budapest, nella Clinica di ostetricia, e adottando rigorose misure igieniche, abbassò anche nella nuova sede il tasso di mortalità. Tuttavia, l’atteggiamento di medici e autorità sanitarie rimase invariato: critiche, derisioni, perfino obiezioni di carattere religioso. Imperterrito, scrisse il libro Eziologia, concetto e profilassi della febbre puerperale. Non ebbe successo e, anzi, adoperando un tono polemico nei confronti della medicina ufficiale, attirò su di sé odio e sberleffi di tutta l’Europa. Tra i tantissimi nemici, perfino il grande scienziato Rudolph Virchow. Il carattere impetuoso e la ferrea volontà di Semmelweis iniziarono a vacillare. E vacillarono anche – comprensibilmente – le sue facoltà mentali. Ricoverato in un manicomio, morì di stenti in un ambiente squallido e ostile. Spetterà a Pasteur e Lister dimostrare che aveva ragione.
Quali commenti operare, di fronte a una vicenda così straziante? Un benefattore, un grande medico, un precursore fu osteggiato, mortificato e deriso. E da chi, poi? Da una manica di cialtroni, invidiosi, amanti dei privilegi, indolenti, ottusi, presuntuosi, criminali. E non si creda che simili atteggiamenti siano ormai relegati al passato. Se qualcuno, al giorno d’oggi, dovesse immettere nel posto di lavoro idee nuove, si prepari a ricevere, nella migliore ipotesi, indifferenza. Non che un’idea, per il sol fatto di essere originale e innovativa, sia sinonimo di verità. Ma andrebbe, quantomeno, presa in considerazione. Il guaio è che i baroni – nelle università, negli ospedali, nei tribunali, ovunque - non conoscono il significato della parola umiltà e, soprattutto, non intendono rinunciare al quieto vivere e ai privilegi di casta. Naturalmente esistono eccezioni, che confermano la regola.
Ultima considerazione sulla vicenda di Ignáz Semmelweis: se la Bibbia fosse stata letta e studiata con attenzione, nessuna donna sarebbe morta per le mani sporche di un medico. In Numeri 19:11-22 si possono leggere chiarissime raccomandazioni di carattere igienico-sanitario a chi, per qualsivoglia motivo, entra in contatto con un cadavere.
Prof. Giuseppe Pitrone
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