Grazie soprattutto a Copernico e Galilei, sappiamo che la Terra rivoluziona intorno al Sole, come tutti gli altri pianeti e corpi del Sistema. Quello che forse non tutti sanno è che, nello stesso tempo gira intorno al proprio asse. Inoltre, l’asse stesso è inclinato di 66° 33’ rispetto al piano dell’orbita. Questo elemento consente il verificarsi delle stagioni (su Venere, per esempio, di fatto non esistono per la piccola inclinazione). Infatti, se l’asse fosse perpendicolare al piano, il circolo d’illuminazione causerebbe in ogni punto della superficie terrestre e per tutto l’anno la stessa durata tra il dì e la notte. Questa condizione di “parità” si verifica costantemente solo nei punti situati sull’Equatore e, per il resto, in due soli giorni: 21 marzo, equinozio di primavera, e 23 settembre, equinozio d’autunno. Giacché oggi è proprio il 21 marzo, accompagniamo la Terra nel suo giro annuale. Spostandosi lungo la propria orbita, si osserverà la maggiore differenza tra luce e buio il 21 giugno, solstizio d’estate. Sarà estate nell’emisfero settentrionale, inverno in quello meridionale. Il circolo polare artico delimita la zona polare stessa che è completamente illuminata. Proseguendo si arriverà al 23 settembre, con le medesime condizioni del 21 marzo e con i poli al confine tra la zona illuminata e quella buia. Il 21 dicembre, solstizio d’inverno, invece, avremo la situazione esattamente opposta a quella del 21 giugno: inverno nell’emisfero settentrionale, estate in quello meridionale. Da segnalare anche la distribuzione climatica in cinque grandi fasce: zona polare artica, zona polare antartica, zona torrida (Equatore), zona temperata settentrionale (tra la zona artica e la torrida), zona temperata meridionale (tra la zona antartica e la torrida). A proposito di stagioni si tenga anche conto di un importante elemento: la differenza tra stagioni astronomiche e meteorologiche, giacché non sempre coincidono. In poche parole, la primavera, ad esempio, può essere già arrivata, ma le condizioni reali possono ancora essere invernali o quasi. Un elemento curioso e interessante è rappresentato dalle zone polari. In esse la radiazione solare giunge sempre molto obliqua o non giunge affatto. Dopo l’equinozio di primavera, arriva nella zona artica il cosiddetto gran dì, cioè un periodo di grande illuminazione, mentre in quella antartica inizia la grande notte. L’esatto contrario si avrà dopo l’equinozio d’autunno. Sia il gran dì sia la grande notte dovrebbero durare sei mesi, ma le aurore polari, i crepuscoli e la luminosità della Luna provocano una durata effettiva di completa oscurità intorno ai cento giorni. Da notare, infine, che nella dieta delle popolazioni dell’artico è presente un adeguato apporto di calcio e vitamina D, per compensare la ridotta produzione endogena dovuta proprio alla scarsità di luce. Del resto, anche da noi è ben noto l’olio di fegato di merluzzo che, specialmente nei decenni passati, era somministrato ai bambini per evitare fenomeni di rachitismo. Gli eschimesi, invece, non mangiano i fegati della foca e dell’orso, proprio perché ricchissimi della summenzionata vitamina. L’esperienza ha insegnato che l’eccesso provoca danni notevoli all’organismo.
Giuseppe Pitrone
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