L’aggettivo nucleare è ormai noto anche alle grandi masse. In realtà, pochi conoscono l’esatto suo significato. Non è una colpa, beninteso! Si tratta, infatti, di argomento molto complesso e riservato agli specialisti. Tuttavia, pur senza la pretesa di essere esaustivo, in tre articoli cercherò di fare chiarezza sui metodi per ricavare energia dall’atomo e, soprattutto, sui tremendi effetti collaterali che Chernobyl e Fukushima hanno evidenziato nel più drammatico dei modi. Sono altresì convinto che tutti possano e debbano comprendere almeno le basi elementari del funzionamento di una centrale nucleare ed essere, quindi, in grado di valutare se sia saggio continuare su una strada così terribilmente pericolosa.
L’affascinante storia della radioattività inizia ufficialmente il primo giorno di marzo del 1896, nello studio di un grande scienziato: Henri Becquerel, Nobel per la Fisica 1903. Avendo saputo della scoperta dei raggi X da parte di Röentgen (5 novembre 1895) intraprese esperimenti atti ad accertare se alcuni minerali fluorescenti avessero la capacità di emettere in modo spontaneo radiazioni simili. Convinto che la luce solare fosse responsabile dell’innesco della reazione di fluorescenza, avvolse un cristallo di uranile in un foglio nero, lo mise in contatto con carta fotografica ed espose il tutto al sole. Per due giorni, però, imperversò cattivo tempo e ritenne opportuno riporre il materiale in un cassetto della scrivania. Il primo marzo, con grande stupore, si accorse di una macchia nera sulla carta. Evidentemente, la radiazione solare era ininfluente ai fini dello strano fenomeno e giunse a una conclusione: l’uranile possiede una ben precisa radiazione, indipendente da qualsivoglia altro elemento o altra circostanza. Continuando gli esperimenti, si accorse che anche altri elementi contenenti uranio si comportavano allo stesso modo. Grazie anche alla pioggia, dunque, Becquerel scopre la radioattività. Lo stesso scienziato, all’inizio del ‘900, nota i primi risvolti negativi dell’eccezionale scoperta: tenendo in tasca un campione di radio, è ustionato dalle radiazioni. Inizia così lo studio sugli effetti biologici – negativi e positivi - delle radiazioni stesse. In questo campo, si distinguono Leopold Freund (prima radioterapia su una bambina), Tage Anton (prima applicazione e guarigione di un tumore cutaneo) e Clemens Perthes. Quest’ultimo è autore della prima ricerca sull’utilizzo dei raggi X nella lotta ai tumori.
Luglio 1898: Pierre e Marie Curie, sviluppando gli studi di Becquerel, si prefiggono di accertare se anche elementi diversi dall’uranio siano in grado di emettere radiazioni. Il Governo austriaco mette a loro disposizione una tonnellata di pechblenda (varietà di uraninite) e inizia un durissimo lavoro di ricerca. Alla fine, si accorgono che il minerale sprigionava un quantitativo di radiazioni molto più potente e abbondante di quanto giustificato dal contenuto di uranio. Dunque, doveva possedere altri elementi radioattivi. Effettivamente, isolarono polonio (così chiamato in onore della Polonia, patria di Marie) e radio. I due coniugi relazioneranno il 26 dicembre dello stesso anno all’Academie des Sciences di Parigi, specificando che il radio è due milioni di volte più radioattivo dell’uranio. Riceveranno il Nobel nello stesso anno di Becquerel (1903). Pierre morirà in modo tragico, investito da un veicolo a trazione animale, il 19 aprile 1906. Marie, colpita da anemia aplastica (quasi certamente causata dalla lunga esposizione alle radiazioni) si spegnerà nel sanatorio di Passy (Alta Savoia) il 4 luglio del 1934. Nel 1911 aveva ottenuto un secondo Nobel per aver isolato il radio in forma metallica.
1899-1900: Ernest Rutherford scopre la natura e il numero delle radiazioni. Nel 1899, le “alfa”(nuclei di elio) e le “beta” (elettroni). Nell’anno successivo le “gamma”, che Compton chiarirà essere fotoni. Dunque, tre radiazioni e con differente potere di penetrazione. Per difendersi dalle prime, basta un semplice foglio di carta o una distanza di 7-10 centimetri. Per le “beta” un buon foglio di metallo o una distanza di parecchi metri. Infine, le “gamma”, ancora più penetranti dei raggi X, riescono ad attraversare 30 centimetri di piombo e circa due chilometri di aria.
14 dicembre 1900: Max Planck elabora la Teoria dei Quanti, secondo la quale gli scambi di energia (emissione e assorbimento nelle reazioni elettromagnetiche) avvengono non in forma continua, ma secondo entità ben definite: i quanti. La Fisica dei Quanti e la Teoria della Relatività di Einstein pongono fine alla Fisica classica e introducono quella contemporanea.
1902: Ernest Rutherford e Frederick Soddy spiegano che la radioattività consiste nella trasformazione spontanea e naturale di un elemento chimico in un altro. Gli elementi radioattivi sono soggetti all’emissione di cariche positive o negative. Tale fenomeno ha lo scopo di renderli stabili. Per esempio, l’uranio, col tempo, si trasforma in piombo. Dunque, gli alchimisti avevano ragione nell’ipotizzare la trasmutazione di un elemento in un altro.
Albert Einstein
5-9 giugno 1905: Einstein annuncia la Teoria della Relatività Ristretta e la dimostrazione dell’effetto fotoelettrico.
Settembre 1905: nasce la più celebre equazione della Scienza. Einstein annuncia l’equivalenza tra la massa e l’energia, ovvero l’energia è uguale alla massa moltiplicata per il quadrato della velocità della luce: E=mc²
1911: Rutherford definisce la Teoria dell’atomo.
1913: Niels Bohr rende nota la Teoria sulla struttura dell’atomo.
4 novembre 1916: Teoria della Relatività Generale di Einstein.
Tra il 1919 e l’inizio degli anni ’30 si succedono le seguenti scoperte: prima trasmutazione artificiale (Rutherford, 1919), elaborazione della Meccanica Ondulatoria (Louis De Broglie, 1923), Principio di Esclusione (Wolfgang Pauli, 1925), Equazione della Meccanica Ondulatoria (Schröedinger, 1925), Principio di Indeterminazione (Werner Heisenberg, 1927), dimostrazione della natura ondulatoria dell’elettrone (George Thomson, 1927), Teoria dell’Antimateria (Paul Dirac, 1928), invenzione del primo acceleratore di particelle (Cockcroft e Walton, 1929). Si tenga presente che tutti questi scienziati hanno ottenuto il Nobel. Il geniale e immenso lavoro di ricerca fin qui da loro effettuato, permetterà l’introduzione di quella che mi piace definire “era di Fermi”: sarà esaminata nella seconda parte.
Giuseppe Pitrone
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