Debutta in un nuovo allestimento, mercoledì 21 febbraio alle ore 17.00 nella Sala Grande del Teatro Biondo Palermo, la commedia Aulularia - Fabula della pentola d’oro, scritta da Tito Maccio Plauto fra il 195 e il 184 a.C.
Interpreti di questo classico della comicità plautina, proposta con la traduzione e l’adattamento di Michele Di Martino e con la regia di Francesco Sala, sono Edoardo Siravo, nel ruolo del vecchio avaro Cacastecchi, Paride Benassai, Stefania Blandeburgo, Antonio Pandolfo, Gabriella Casali, Domenico Ciaramitaro, Marcello Rimi, Simona Sciarabba. Le scene sono di Luca Mannino, i costumi di Dora Argento, le luci di Antonio Sposito.
Repliche fino al 25 febbraio.
Il titolo dell’opera, che ha come tema centrale l’avarizia, legata spesso alla misantropia, al sospetto, alla paura collerica dell’essere defraudati, fu ispirato da Menandro e anche il personaggio del protagonista è erede del Dýskolos (Il misantropo).
Nell’Aulularia torna il classico binomio dei servi scaltri e dei padroni malmostosi, biliosi, incattiviti. Il console romano Lucio Cornelio Scipione, fratello dell’Africano, decide di portare la guerra in Asia contro Antioco III. Per preparare la guerra, uomini e donne della Repubblica Romana sono chiamati ad offrire il loro oro alla Patria: le matrone i gioielli, i ragazzi i distintivi, gli uomini le pesanti libbre. Ma l’avaro Cacastecchi – personaggio tra i più riusciti ed imitati, cui si ispirarono, tra gli altri, Shakespeare e Moliere – non ne vuol sapere, e difende strenuamente la sua pentola colma di gioielli. Ne consegue una girandola di sketch, equivoci e furberie che vedono contrapposta l’animosità e la bile dell’avaro ai tentativi, ora buffi, ora ingegnosi, che i personaggi che lo circondano mettono in atto per sottrargli la pentola d’oro.
«Riproporre Plauto – spiega il regista Francesco Sala – significa consegnarlo all’attualità attraverso la sua originale contaminazione di generi, pastiches, musiche: il termine “farsa”, per i romani, significava piatto farcito. Plauto ha saputo giocare con gli ingredienti per primo, mischiando l’alto e il basso, impastando la raffinatezza geometrica delle costruzioni drammaturgiche elleniche alla Suburra. Il nostro interesse per Plauto non è solo per le figure comiche, per le trovate interessantissime, le commedie e i modelli che ha generato dopo di sé (uno su tutti L’avaro di Moliere). L’autore ci porta ad una coscienza teatrale più evoluta, punta all’osservazione della vita umana, al vizio capitale, al rapporto con il fato e il divino. Schiavi, liberti, mercanti, ruffiani sono tutti frullati in un caleidoscopio di trovate sceniche e linguistiche, espressioni colte e gergali, popolari e dialettali, colorate e inedite assonanze brillanti che sono restituite in latino dalla viva traduzione di Michele Di Martino».
«Questa nostra “trasposizione” di Aulularia – afferma Michele Di Martino – si prefigge di consegnare agli spettatori il trionfo della fucina espressiva del genio di Plauto, l’immaginifica vivacità verbale dei diversi registri linguistici. Nel testo si dà spazio all’incomparabile forza evocativa del latino, con una significativa scelta di parole, espressioni, frasi dell’originale che sono incastonate nella traduzione italiana. Alla stimolante “sensualità” linguistica, al gusto per i giochi di parole, i doppi sensi e gli equivoci, cerca di intonarsi tutta la traduzione, sostenuta e potenziata dalla lingua latina, così da portare in scena un testo vivo, duttile e brillante, capace di esprimere pienamente le invenzioni drammaturgiche e gli stati d’animo dei vari personaggi».
Fonte: Teatro Biondo
Fonte Immagine: Rosellina Garbo
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