Debutta martedì 7 novembre, alle ore 21.00 al Teatro Biondo di Palermo, lo spettacolo Clitennestra, tratto dal romanzo La casa dei nomi dello scrittore irlandese Colm Tóibín, adattato per la scena e diretto dal regista Roberto Andò.
Protagonista dello spettacolo, prodotto dal Teatro di Napoli - Teatro Nazionale e da Campania Teatro Festival - Fondazione Campania dei Festival, è Isabella Ragonese, affiancata in scena da Ivan Alovisio, Arianna Becheroni, Denis Fasolo, Katia Gargano, Federico Lima Roque, Cristina Parku, Anita Serafini e un coro composto da Luca De Santis, Eleonora Fardella, Sara Lupoli, Paolo Rosini, Antonio Turco.
Le scene e le luci sono di Gianni Carluccio, i costumi di Daniela Cernigliaro, le musiche e la direzione del coro di Pasquale Scialò, il suono di Hubert Westkemper e le coreografie di Luna Cenere. Repliche fino a domenica 12 novembre.
Nel suo romanzo La casa dei nomi, Colm Tóibín fa rivivere le figure classiche della casata di Atreo e le rende personaggi di carne e sangue, dotati di psicologia, motivazioni e tonalità. La Clitennestra di Tóibín è ancora la rancorosa regina del mito, ma è anche una donna alle prese con la gestione modernamente complessa del potere e con un amante, Egisto, su cui modulare desiderio e controllo. La sua Elettra è la figlia fedele che pretende la retribuzione del sangue, ma è anche la vittima di un abbandono che cerca nelle ombre un sollievo dalla solitudine.
«Leggendo il romanzo di Tóibín – spiega Roberto Andò – ho provato una grande emozione, e alla fine, quasi senza accorgermene, mi sono sorpreso a fantasticare sulla possibilità di mettere in scena il personaggio più grandioso che vi è narrato, Clitennestra. Una figura che nell’Odissea è presentata come l’anti-Penelope, il prototipo della donna infedele e assassina. Nel romanzo di Tóibín, la tragica storia di rancore e solitudine, di sangue e vendetta, di passione e dolore è narrata da tre punti di vista, ma soltanto le due donne, Clitennestra ed Elettra, raccontano in prima persona e la loro voce è decisamente la più drammatica. Chi conosce Tóibín sa che egli compone in ogni suo libro una drammaturgia del dolore e della perdita ed è interessato al silenzio che si crea attorno al dolore, alla vita di donne sole che portano con sé il peso di un trauma. Voci che parlano col timbro speciale conferitole dalla violenza subita».
La messa in scena di Andò, come lo stesso regista dichiara, è «un teatro di ombre, di voci, di fantasmi, che si muove dentro e fuori: dentro, tra i labirinti della mente, fuori in un luogo senza tempo dove vivi e morti dialogano senza requie».
Fonte: Teatro Biondo
Fonte Immagine: Lia Pasqualino - Teatro Biondo
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