Mercoledì 15 febbraio, alle ore 21.00, debutta in prima assoluta nella Sala Strehler del Teatro Biondo di Palermo il nuovo lavoro scritto e diretto da Rosario Palazzolo: Se son fiori moriranno con Simona Malato, Chiara Peritore e la voce di Delia Calò.
Prodotto dal Teatro Biondo, lo spettacolo è un ulteriore tassello di una ricerca che l’autore porta avanti sui rapporti tra realtà e immaginazione, tra la concretezza di un mondo crudo e spesso insostenibile e la creazione artistica. Le scene e i costumi sono di Mela Dell’Erba, le musiche originali di Gianluca Misiti, le luci di Gabriele Gugliara.
Repliche fino al 26 febbraio.
In questo nuovo lavoro, Rosario Palazzolo pone al centro dell’indagine teatrale il concetto di immaginazione, intorno al quale ruota la vita stessa di ogni artista. A dare corpo alle suggestioni dell’autore sono una madre (interpretata da Simona Malato), una figlia (Chiara Peritore, diplomanda della Scuola di recitazione del Biondo) e un’agonia lunga quindici anni: la ragazza, infatti, è in stato vegetativo; solo in determinati momenti si sveglia da questo sonno perenne, concedendo alla madre un barlume di speranza, ma forse è solo il potere dell’immaginazione a dare corpo a un desiderio profondo. Il pubblico diventa un comprimario silenzioso, che osserva e giudica, al quale la donna si rivolge per cercare conforto, nel tentativo di condividere la responsabilità di un fardello troppo pesante da reggere.
Questa condizione, che mescola realtà e immaginazione, diventa per Palazzolo un espediente drammaturgico per affrontare un argomento a lui molto caro: il processo creativo dell’artista. «Sabotare la realtà con l’immaginazione – spiega Palazzolo – è l’unica alternativa che abbiamo, la sola che ci permette di spostare in avanti il limite del precipizio, ridisegnando continuamente il panorama, costruendo immaginari improbabili con una risolutezza manichea, che riesce a trasfigurare la verità».
Per il regista, l’immaginazione «è una manna, una maledizione, un ordigno e una trappola, è ciò da cui non riusciamo a separarci, ciò che difendiamo con la nostra stessa vita gettando sul piatto pure quello che non abbiamo, purché rallenti l’inesorabilità degli eventi, esponendoci a un’agonia insopportabile, che impariamo a sopportare».
Con la sua lingua informe, surreale, ironica e penitente, Palazzolo ha immaginato un marchingegno irriverente, pirotecnico, disperato e divertente allo stesso tempo, pieno di musiche, di peripezie e di colpi di scena.
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