“I Menhir di Cerami nel contesto del megalitismo siciliano” è il titolo della giornata di studi che si terrà giovedì 16 dicembre, a partire dalle 9,30 al Museo Archeologico Regionale A. Salinas di Palermo (piazza Olivella) per fare il punto sulle scoperte e sulle prospettive di studio e di valorizzazione archeologica relative alle testimonianze megalitiche individuate a Cerami, in provincia di Enna, alle pendici meridionali del Monte Mersi, da anni oggetto di ricerche da parte di archeologi e studiosi. Il convegno è promosso dalla Soprintendenza dei Beni culturali e Ambientali di Enna, dalla segreteria nazionale dei Gruppi archeologici d’Italia e dall’amministrazione comunale di Cerami, con il patrocinio dell’assessorato regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana.
In particolare, secondo gli studiosi, le “pietre lunghe” infisse al suolo di Cerami sarebbero Menhir: la scoperta, su cui necessitano ulteriori indagini e approfondimenti, è importante in quanto potrebbe aprire scenari molto interessanti sul fenomeno del megalitismo preistorico europeo e mediterraneo siciliano, in particolare nell’area della Sicilia orientale. La giornata di studi avrà come obiettivo proprio quello di presentare il sito, attraverso le ricerche effettuate finora, e di inquadrare il fenomeno nel contesto archeologico del territorio, facendo riferimento anche ai ritrovamenti megalitici della Sardegna, per confrontare le possibili relazioni e pianificare eventuali ulteriori interventi di conoscenza, tutela e valorizzazione.
La giornata di studi, che sarà aperta dall’assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà, e dalla direttrice del Museo Salinas, Caterina Greco, vedrà la partecipazione di esponenti delle istituzioni e di studiosi, che affronteranno sotto molteplici aspetti il fenomeno del megalitismo in Sicilia. Parteciperanno, fra gli altri, il dirigente generale dei Beni Culturali, Calogero Franco Fazio, il soprintendente di Enna, Nicola Neri, il sindaco di Cerami, Silvestro Chiovetta, l’assessore alla Cultura di Cerami, Michele Ermanno Schillaci, il presidente del Consiglio comunale Giuseppe Lombardo, il fondatore dell’associazione Acers Cerami, Domenico Proto, la dirigente scolastica dell’Istituto Don Bosco-Majorana di Troina, Viviana Ardica. Sono previsti gli interventi di Ferdinando Maurici (Soprintendenza del Mare), Alberto Scuderi (Gruppi Archeologici d’Italia), Andrea Polcaro (Università di Perugia), Alfio Bonanno (Istituto Nazionale di Astrofisica), Barbara Trovato (archeologa), Rosalba Panvini (Università di Catania), Fabrizio Nicoletti (Soprintendenza di Catania), Massimo Cultraro (Cnr), Nicolò Bruno (Soprintendenza del Mare), Orazio Palio (DISFOR/Università di Catania), Maria Turco (Soprintendenza di Catania), Maria Grazia Melis (Università di Sassari), Paola Basoli (già Direttrice presso la Soprintendenza Archeologica per le Province di Sassari e Nuoro), Valeria Li Vigni (Soprintendente del Mare).
“La suggestiva ipotesi all’esame degli studiosi – sottolinea l’assessore regionale dei beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà - è che si possa trattare di un'area sacra di epoca preistorica, che anche in relazione ad altri ritrovamenti nella Sicilia orientale, amplierebbe di molto le conoscenze sul megalitismo mediterraneo: ricerche che risultano di particolare interesse perché ci consentono di definire nuovi percorsi di conoscenza, salvaguardia e tutela che potrebbero dare un contributo non indifferente in termini di promozione di quest’area, già di per sé particolarmente importante per le sue testimonianze storico-culturali”.
“Riteniamo ragionevolmente di avere scoperto a Cerami – sottolinea Alberto Scuderi, direttore regionale dei Gruppi archeologici d’Italia - il primo complesso in Sicilia di menhir ancora in piedi. Nessun dubbio sull'uso legittimo della parola menhir mentre necessario, invece, il riservo scientifico circa l'inquadramento cronologico del sito e dei suoi monumenti. Crediamo che il sito, del tutto unico nel panorama siciliano, sia assolutamente da investigare, attraverso una ricognizione archeologica del territorio e un programma di scavi che miri alla conoscenza globale del giacimento, anche mediante tecniche di datazione assoluta. Riguardo al sito si potrebbe ipotizzare una datazione preistorica piuttosto tarda, fra Età del Rame e Età del Bronzo, mentre una ipotetica datazione neolitica sarebbe un fatto assolutamente eccezionale e di interesse ulteriormente straordinario. Indispensabile, al riguardo, ricorrere a collaborazioni con Università e altri enti di ricerca, come l’INAF, prevedendo anche la musealizzazione e l'apertura al pubblico del sito che potrebbe diventare un grande attrattore”.
Alcuni cenni sui ritrovamenti
La Sicilia, a differenza dalla Sardegna e dal pur assai vicino arcipelago maltese, è piuttosto povera di siti e monumenti megalitici riferibili al periodo preistorico dell'Europa occidentale che copre un lungo arco di tempo che va dal Neolitico antico fino all'Età del Bronzo recente (4800-1200 a.C. circa) e che interessa una vastissima che parte dal nord della Scandinavia, attraversa le Isole Britanniche e l'Irlanda, la Francia e parte della Penisola Iberica, alcune aree dell'Italia alpina e peninsulare entrando nel Mediterraneo e attestandosi in particolare nelle Baleari, in Sardegna, Corsica, a Malta e Gozo, in Puglia e a Pantelleria (Sesi). I sei menhir che sarebbero stati rinvenuti in piedi nell’area del monte Mersi, apparentemente disposti su un breve arco di cerchio, sono articolati su due differenti file composte rispettivamente da due e tre “pietre lunghe”, in qualche modo raccordate fra loro da un ulteriore menhir che occupa la terza posizione da est. Si tratta di monoliti ricavati nella roccia quarzarenitica locale. Ai piedi della vicinissima parete del Monte Mersi, ad esempio, è stata rinvenuta almeno una delle aree di lavorazione, con alcuni blocchi parzialmente intagliati che non sono mai stati estratti dal banco roccioso e di orme in negativo di altri. Una sorta di piccola “Cava di Cusa” per le “pietre lunghe” di Cerami.
I monoliti di Cerami, in mancanza di raffronti siciliani, potrebbero trovare un possibile e immediato confronto in ambiente sardo con i menhir di Pranu Muttedu, un altro famoso sito sardo riferito al Neolitico recente (3200-2800 a.C.) esplorato in particolare da Enrico Atzeni, e con quelli di Biru 'e Concas, sempre in Sardegna, un sito datato fra il Neolitico recente e l'Età del Bronzo. Tutte queste località sono oggi dei noti parchi archeologici.
I sei menhir sarebbero anche allineati astronomicamente. Nell'area circostante, oltre a numerosi altri blocchi di pietra rovesciati a terra, sono stati rinvenuti alcuni grandi blocchi e, soprattutto, numerosi anelli o fori passanti, artificialmente scavati nella roccia. Ancora, affioramenti di mura, solo in parte riferibili a terrazzamenti agricoli relativamente recenti. E a poca distanza, sotto la parete di Monte Mersi, uno scarico con pochissimi frammenti di ceramica preistorica fra cui uno certamente riferibile, anche a giudizio dell’archeologo Massimo Cultraro del Cnr, all’Età del Rame. A qualche centinaio di metri, questa volta più a valle, si è rinvenuto un affioramento roccioso naturale, con superficie piatta, forma allungata per circa tre metri e largo non più di uno lungo i cui bordi, si trovano fori passanti, artificialmente scavati nella roccia. Un confronto immediato, ovviamente tutto da verificare, sembrerebbe possibile con il lastrone a fori passanti lungo il bordo di Monte d'Accoddi, in Sardegna.
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