Apre al pubblico il progetto House of Us della regista Irina Brook: dal 29 settembre al 3 ottobre, negli spazi della Fondazione Sant’Elia di Palermo, ogni ora a partire dalle 16.30 e fino alle 21.30, si potrà partecipare a una esperienza catartica, che lo spettatore vivrà condividendo con gli allievi della Scuola di recitazione e professioni della scena del Teatro del Biondo e con l’attore Geoffrey Carey le “stanze” di una casa simbolica, nella quale prendono corpo i ricordi, le passioni, i sogni di una famiglia di teatranti.
Nel percorso intimo e suggestivo, immaginato dalla regista nelle stanze del settecentesco Palazzo Sant’Elia, si snodano ambienti, racconti, atmosfere rarefatte e fortemente suggestive, che raccontano come tanti tasselli di mosaico, la vita personale e professionale dell’artista: il rapporto con il padre, il grande regista Peter Brook; il dolore, ancora intenso, per la morte della madre, l’attrice Natasha Parry, scomparsa nel 2015; la solitudine e l’isolamento, ma anche la necessità di condivisione con l’altro, la fiducia irremovibile dell’artista verso l’umanità e la nostra sete di contatto, in un momento storico del tutto eccezionale.
«Che meraviglia vedere la prima materializzazione di House of Us qui a Palermo – afferma Irina Brook – in una location così unica e straordinaria come Palazzo Sant'Elia. È un progetto che è cresciuto giorno dopo giorno nella mia mente e nel mio cuore negli ultimi tre anni (o forse per tutta la mia vita) e sono entusiasta di iniziare finalmente a realizzarlo, grazie al supporto di Pamela Villoresi e del suo team al Teatro Biondo. È solo un primo “laboratorio”, ma dopo aver trascorso così tanto tempo da sola per riflettere e preparare è una vera gioia collaborare con un gruppo di giovani attori così talentuosi e appassionati, con il leggendario veterano Geoffrey Carey e con l'aiuto delle mani magiche e creative del nostro team tecnico italo-francese. Speriamo di condividere il piacere e le emozioni di uno scambio unico, che sia tanto originale ed emozionante per gli spettatori quanto lo è per noi».
«La Fondazione Sant’Elia con la Città metropolitana – afferma il presidente della Fondazione, Leoluca Orlando – continua la propria attività di promozione culturale e artistica e di attrattività internazionale e fornisce conferma di tale scelta con il Teatro Biondo e con la presenza a Palermo di Irina Brook. Una straordinaria occasione per ricordare la presenza a Palermo di Peter Brook e per dare oggi accoglienza ed esprimere gratitudine alla straordinaria attività e sensibilità di Irina Brook e alla sua attenzione alla nostra realtà».
«Siamo orgogliosi che un progetto internazionale, che si svilupperà nei prossimi anni in diverse città del mondo, parta da Palermo – dichiara Giovanni Puglisi, presidente del Teatro Biondo – e siamo particolarmente contenti che protagonisti di questo evento siano gli allievi della nostra scuola di teatro, ai quali stiamo dando l’opportunità di confrontarsi con artisti importanti come Irina Brook. In più, è motivo di soddisfazione il fatto che ancora una volta il teatro esca fuori dal teatro, promuovendo un dialogo sempre più necessario tra pratiche della scena e spazi della Civitas».
«Sono molto emozionata e felice – dichiara Pamela Villoresi, direttrice del Teatro Biondo – nel vedere realizzato questo grande esperimento artistico, che è riduttivo definire spettacolo o performance o istallazione, poiché è tutte queste cose insieme ed è in continuo mutamento.
Ho coinvolto la regista Irina Brook ancor prima delle nostre “virali prigionie”, chiedendole di investigare, con lo strumento dell’arte, la dimensione dei mondi chiusi nelle stanze, che tutti noi abbiamo finito per creare e che per qualcuno è diventato un reale disturbo, già noto a livello internazionale. Dopo mesi di lavoro con i nostri tecnici e i nostri allievi, ospiti di un’eccezionale ambientazione, quale è lo storico Palazzo Sant’Elia, finalmente condividiamo con il pubblico questo originalissimo gioco creativo, il primo della nuova ricca stagione del Biondo».
Dopo tre anni di scrittura, sogni, interruzioni, riprese e disegni, House of us prende corpo in una performance immersiva, un work in progress che parte da Palermo, negli spazi della Fondazione Sant’Elia, per trovare nei prossimi anni nuovi capitoli e nuove esperienze in giro per il mondo. Irina Brook, con la collaborazione di Angelo Nonelli, ha guidato gli allievi della Scuola del Biondo in una serie di laboratori nei quali i giovani si sono confrontati con i testi di Shakespeare e Cechov, per scandagliare la propria interiorità e interrogarsi sulla vocazione teatrale. I temi essenziali sono il teatro, la solitudine e la creatività.
L’intreccio rimanda all’Amleto di Shakespeare, il cui personaggio principale diventa simbolo dei nostri giovani – la “lost generation” –, e al Gabbiano di Cechov, opera emblematica sulle vite teatrali.
L’interesse di Irina per la sindrome giapponese degli Hikikomori, stato estremo dell’isolamento giovanile, ha anche dato inizio a un’interessante collaborazione con il “Dipartimento di Biomedicina, Neuroscienze e Diagnostica avanzata” dell’Università di Palermo.
Lungo il percorso della performance, l’incontro con un personaggio mitico, l’attore americano Geoffrey Carey, rappresenta lo spirito del Teatro e della madre di Irina. Un personaggio che racconta della sua ossessione per le “cose” e della sua incapacità di buttarle via; e del dolore di crescere come figlio, magro ed eccentrico, di un cowboy, star televisiva di Hollywood.
Al culmine di questa passeggiata nell’immaginario dell’artista si approda alla “stanza di Cechov”, dove si sbircia dentro un salotto a lume di candela, scenario evocativo di un dipinto russo del XIX secolo. Qui due giovani attori recitano l’ultima scena del Gabbiano, senza la pressione di una platea o di un pubblico.
Il viaggio di ritorno attraverso le sale troverà spazi trasformati ed emozioni intensificate. Come in un concerto, il pubblico sperimenterà il contrasto dei diversi movimenti, dalla tranquilla introspezione alle esplosive celebrazioni russe della vita, attraverso il canto e la danza.
Nelle ultime stanze, quando l’atmosfera si farà ancora più rarefatta, gli spettatori parteciperanno ad una cerimonia rituale propria della tradizione giapponese, mentre ritorna viva la voce di Natasha Parry, che nella penombra recita i Sonetti di Shakespeare.
A chiudere il percorso, nella vasta sala da ballo, due video “impressionistici”, semplici immagini simboliche realizzate “in casa” da Irina Brook, che rappresentano un senso di liberazione dal peso del passato e una porta aperta sul futuro.
House of us è un progetto itinerante, che dopo l’esperienza palermitana troverà ulteriori sviluppi grazie a una residenza triennale al Teatro Stabile del Veneto, a un’ospitalità presso lo SPAC (Shizuoka Performing Arts Center) in Giappone e, nel biennio 2022-2024, ad altre tappe presso il Teatro Stabile del Veneto e la Pergola di Firenze per il Teatro della Toscana.
L’opera crescerà con i contributi di altri giovani studenti e artisti che vi prenderanno parte in ogni tappa.
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