Oggi ricorre il trentanovesimo anniversario dell’attentato in cui furono uccisi dalla mafia il generale Dalla Chiesa, sua moglie Emanuela Setti Carraro, incinta da tre mesi del loro bambino, e dell’agente di scorta Domenico Russo. I processi per gli attentati furuno tutti conclusi e le sentenze parlano di “coesistenza di specifici interessi, anche all’interno delle istituzioni, all’ eliminazione del pericolo costituito dalla determinazione e dalla capacità del generale Carlo Alberto dalla Chiesa“; una frase che pesa sullo stato di allora come un macigno, soprattutto se si pensa che una frase simile indica un j’accuse politico e troppo indeterminato nei confronti delle istituzioni di allora le cui responsabilità non si mai riusciti a concretizzare, nonostante gli ani di processi. Fino a questo momento le responsabilità sono cadute solo su esponenti della mafia siciliana.
Nel 1982, pochi giorni prima della sua morte, il generale si fece intervistare da Giorgio Bocca, con cui si lasciò andare a un amaro sfogo: “Un uomo viene colpito quando viene lasciato solo”, disse lasciando intendere quanto fosse importante che nelle battaglie contro la mafia ci si presentasse con il sostegno delle istituzioni più alto.
I killer, esecutori materiali degli omicidi, Raffaele Ganci, Giuseppe Lucchese, Vincenzo Galatolo, Nino Madonia sono stati condannati all’ergastolo, mentre sono stati condannati a 14 anni i collaboratori di giustizia Francesco Paolo Anzelmo e Calogero Ganci. Totò Riina, Bernardo Provenzano e Michele Greco erano già stati condannati proprio sulle prove trovate da Dalla Chiesa.
Durante i famosi 100 giorni di Palermo, il Generale cercò di battere lo strapotere delle cosche mafiose e di eliminare lo stretto legame tra mafia e politica ma fu fermato dalla inconcludenza dello Stato e dalla mancanza di poteri e di istituzioni che avevano nominato un militare dell’esercito come Prefetto, ma poi non avevano avuto il carattere per sostenerlo nelle azioni che una simile nomina lasciava già presagire. Lo avevano mandato in battaglia da solo e praticamente disarmato contro un esercito fin troppo ben armato, e non solo di kalashnikov.
COMMEMORAZIONI OGGI 3 SETTEMBRE 2021
Il sindaco Leoluca Orlando, alla presenza del sottosegretario di Stato Nicola Molteni in rappresentanza del Governo nazionale e delle massime istituzioni civili e militari della Città, ha preso parte questa mattina alle celebrazioni in occasione del 39esimo anniversario dell'uccisione del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell'agente scelto della Polizia di Stato Domenico Russo, assassinati dai sicari di Cosa nostra il 3 settembre 1982. La cerimonia di commemorazione si è svolta come ogni anno in via Isidoro Carini, luogo del tragico evento, dove sono state deposte le tradizionali corone di alloro.
"Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, 39 anni fa - ha dichiarato Orlando - è stato chiamato a Palermo con l'obiettivo di far rispettare la legge. La sua rivoluzione nella lotta alla mafia, in uno Stato complice che lo ha isolato, è un esempio per quei cittadini onesti che in quel violento 1982 hanno visto spegnere le proprie speranze. Il suo sacrificio, però, non è stato vano perché la città, negli anni, ha saputo reagire alla violenza mafiosa portando avanti un cambiamento culturale. Oggi è un'emozione conferire la cittadinanza onoraria all'Arma, in un giorno speciale di memoria e impegno nel quale ricordiamo anche la moglie del generale Dalla Chiesa, Emanuela Setti Carraro, e l'agente Domenico Russo, per dire grazie a tutti i carabinieri, donne e uomini, che quotidianamente sono impegnati nel contrasto ad ogni forma di illegalità".
Successivamente il primo cittadino ha preso parte alla santa messa celebrata in cattedrale da S.E. l'arcivescovo Corrado Lorefice.
(Foto di Stefano Patania)
"La memoria è ciò che caratterizza un popolo e ne racconta la storia. Nell’anniversario dell’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell'agente di scorta Domenico Russo, il monito è di non dimenticare e di contrastare sempre, in tutte le forme e modi, la violenza della mafia. Soltanto in questo modo, si può dar voce a quella Sicilia che non vuole cessare di combattere per affermare gli ideali di giustizia, equità e legalità. È una questione culturale, è la scelta principale, quella che ti fa decidere da che parte stare". A sottolinearlo è l’assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identitá siciliana, Alberto Samonà (Lega) in occasione del 39mo anniversario del barbaro assassinio di via Isidoro Carini, a Palermo.
(Foto di Stefano Patania)
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