È un romanzo ricco, preciso e gustosamente breve quello di Matteo Marchesini, uno dei critici più curiosi della generazione dei trentenni, già poeta (Marcia nuziale) e saggista (Soli e civili). Con “Atti Mancati” (pp.125,€13, Voland edizioni, 2013), candidato allo Strega 2013, l’autore si imbatte nel romanzo intimista, da alcova, mescolando sapientemente quell’estro critico che più lo appartiene: una storia d’amore e di suspense con, in parallelo, la riflessione letteraria sul ruolo della scrittura e del romanzo in genere.
Nel cuore di Bologna, Marco Molinari, protagonista e voce narrante, è un intellettuale 33enne diviso tra incombenze giornalistiche, incarichi editoriali saltuari e il tentativo di finire un romanzo, un uomo che vive la sua esistenza cocciutamente a occhi chiusi. Improvvisamente, chiamato dal suo direttore a scrivere un articolo sull’onorificenza data in città all’amico e maestro universitario Bernardo Pagi, rincontra Lucia, la ragazza che lo ha lasciato tre anni prima senza alcuna spiegazione. Da quell’istante, il passato sembra ritornare con tutti i suoi fantasmi, quei ricordi che Marco fuggiva senza afferrare, e che adesso si ripresentano più reali di prima con l’insistenza di una spiegazione, a partire dalla morte dell’amico Ernesto, morto in un incidente stradale, e del suo romanzo tronco. Lucia è incalzante e come un erinni costringe Marco a rianalizzare un passato lasciato in sospeso, cui dovrà rapportarsi, per non restare così “impaludato” e asettico come il suo romanzo.
Una storia struggente che innerva pagine d’attesa e stupore. Una scrittura precisa, iconica e quasi impeccabile, da far percepire la tortuosa e lenta presa di consapevolezza del protagonista. In “Atti Mancati” c’è tutto: una storia d’amore incidentata e riscoperta, un’amicizia perduta, la psicanalisi freudiana del proprio io e lo sfondo di una società borghese con il precariato giovanile. Ma ad arricchire quello che potrebbe isolarsi in un romanzo da camera arriva il duo Molinari – Pagi, che sembrerebbe per alcune caratteristiche rinviare a quello Marchesini – Berardinelli, maestro dell’autore. Ed ecco che l’eco di una riflessione sulla scrittura come variegato specchio della realtà si intreccia all’esistenza stessa dei personaggi, legati tra loro come le pagine di un libro.
Un libro da leggere e interpretare, anche chiudendolo per un po’, ma di certo su cui ritornare per non lasciarsi sfuggire il finale.
E se è vero che Caproni giudicava un libro bello o brutto dalla concordanza delle prime e delle ultime parole di un testo, allora il romanzo di Marchesini sembra rispondere a questo metodo empirico. I personaggi si tormentano, ma alla fine trovano una pace condivisa che andrà oltre la morte, così “A un certo punto … verso le luci della Porta”.
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