La vita di un uomo è il racconto di un lungo e difficile percorso spirituale di riscatto e di rinascita di un affiliato di mafia che non nega gli errori commessi e i compromessi accettati e, allo stesso tempo, non “salta il fosso” diventando collaboratore di giustizia, ma attraverso la dura esperienza del carcere e l’empatia con i compagni di pena – di cui ci offre un’efficace galleria tratteggiata con pennellate veloci e sentimenti forti – ritrova i valori della fede, della famiglia e dell’amore: in una parola, della vita.
Si chiede Ruggero Farkas nella Prefazione: «La vita di un uomo è la vita dell’autore? Ho letto gran parte degli atti giudiziari che lo riguardano e Roberto Ciulla, il personaggio principale di questa storia, non è Mandalà. Ma quanto non lo è? Nelle pagine che seguono ci sono sicuramente suoi brandelli di vita […] Leggiamo il racconto e ognuno lo giudichi secondo il proprio metro. Io l’ho letto tenendo sempre a mente la storia di chi l’ha scritto. Ed è una storia che mi appassiona. Altri giudizi più impegnativi non spettano a noi. Per fortuna.»
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L'autore
Nasco nel lontano 1939 e non ricordo granché; o meglio ricordo frammenti che si sono fissati indelebilmente nella mia mente e che, con l’avanzare degli anni, tornano a trovarmi sempre più frequentemente come succede agli anziani che si tuffano nel loro passato quasi a cercare in esso un rifugio. Spaventati dal presente, cercano nei loro recessi ricordi ai quali aggrapparsi come ad una zattera. È la tenera, fragile realtà della vita quando essa si avvicina all’epilogo. C’è di buono che sono tosto per la mia età e ho come l’impressione che con gli anni guadagni in lucidità e voglia di fare, come se fossi stato defraudato di qualcosa e volessi rifarmi. 0 forse perché, come tutti, ho sprecato parte della mia vita e, grazie agli episodi drammatici che l’hanno attraversata, ho avuto la possibilità di ritrovarmi e rimediare in parte ai miei errori. Ho guardato di più e meglio dentro di me e mi sono detto che avevo tanto da dire che in passato avevo lasciato dormire, distratto dall’ovvietà della mia esistenza. Mi sono ricordato di quello che, non per merito mio
ma della sorte benigna, ho potuto assaporare e che fortunatamente ha lasciato delle tracce che adesso mi soccorrono. Mi sono detto che, tutto sommato, sono un uomo fortunato per i doni che la vita mi ha regalato e per la voglia che ho ancora di vivere.
Per il resto, che dire? So che cosa
vi aspettate che dica, ma sono costretto a deludervi, ci sono cose che appartengono solo a me e non sono
le cose migliori, sono drammatiche e meritano il riguardo dovuto dal pudore e dal rispetto verso una intimità che non è solo mia. Mi sembrerebbe di tradire coloro che condividono questa mia intimità e ne sono gelosi. A loro dedico tutto me stesso.
Nino Mandalà
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