Esiste la galassia del fumetto manga. E all'interno di essa, molto meno conosciuti, ci sono i singoli movimenti di stile e approccio autoriale alla narrazione disegnata. Una di queste scuole è denominata geki-ga, e definisce quegli autori giapponesi influenzati dall'estetica e dai contenuti del cinema europeo degli anni 50-60 (nouvelle vague, insomma, ma anche Bergman, e molto altro). Dunque narrazione introspettiva, grande attenzione per le storie personali, volontà di lasciar perdere l'avventura facile e l'epica roboante per scrivere, e disegnare, soprattutto quelli che nella storia della letteratura vengono definti come Bildungsroman. Cioè romanzi di formazione. Jiro Taniguchi, tra i maestri del fumetto nipponico, tra i più "europei" per sensibilità e tratto, aderisce in pieno a questa filosofia, e con Quartieri lontani (edito da Coconino Press) ci regala un monumentale capolavoro.
L'illusione di modificare la propria storia - Quartieri lontani (già edito da Lizard Rizzoli con il titolo In una lontana città) torna nelle librerie rititolato come il film francese tratto dalla storia scritta e disegnata da Taniguchi. Protagonista è un uomo di mezza età, Nakahara, che in un giorno come tanti, mentre si muove tra casa e lavoro sbaglia treno e comincia un viaggio imprevisto. Nel senso che finirà per tornare indietro nel tempo, quando era uno studente quattordicenne nella sua cittadina d'origine. Così Nakahara incontra gli amici delle scuole, rivede i genitori ringiovaniti, riscopre amori quasi sepolti sotto la polvere del tempo, e si illude di poter modificare la propria vicenda, a partire da un trauma familiare.
L'abbandono del padre - Quartieri lontani è, in perfetto stile geki-ga, lo scavo nella memoria individuale che diventa un percorso attraverso la storia di un intero Paese. Sullo sfondo delle vicende di Nakahara tornato ragazzino (pur conservando l'esperienza dell'adulto e il suo sapere "futuribile") Taniguchi tratteggia l'ottimistica, ma per questo non traumatica, modernizzazione del Giappone post-bellico. La sua metamorfosi, che procede in senso inverso a quella del protagonista, ossessionato soprattutto dal capire perché a suo tempo il padre avesse deciso di sparire, abbandonando la famiglia. I primi entusiasmi del Nakahara ritrovato (con l'agilità del corpo adolescente unita al sapere dell'uomo maturo, che sbalordisce professori e compagni, affascina una elegantissima e fragile ragazzina e provoca episodi di puro ed esilarante imbarazzo, come quando il ragazzo si mette a predire il futuro in preda ad una sbronza) cedono il passo all'angoscia del tempo che passa. Riuscirà Nakahara ad impedire a suo padre di andarsene? Riuscirà ad evitare un dolore devastante alla sua famiglia? In questa risposta sta il fulcro del bel romanzo per immagini di Taniguchi, anche perché contiene una lezione che il protagonista trarrà sul suo essere adulto, padre e marito. Mentre il tempo vola come una farfalla imprevedibile, proprio come quella che volteggia attorno a Nakahara quando si addormenta in un cimitero, per poi risvegliarsi, già cambiato dal viaggio dentro se stesso.
Fonte: tiscali
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