Lasciamo perdere il titolo che forse disorienta se affiancato alla voce thriller. Topi (collana di narrativa "A" di Giunti Editore, 2011) non è un libro per bambini con i ratti come protagonisti né un testo sugli animali, ma un ottimo noir che segna l’esordio letterario dell’inglese Gordon Reece. Il titolo ha ovviamente una sua motivazione precisa: alcuni esseri umani si comportano come i topi, sono timorosi e oggetto di disprezzo. La premessa è doverosa perché il libro si concentra sulla psiche e gli stimoli che subisce una ragazzina inglese prima di dare sfogo all’azione e cedere all’istinto omicida.
Dal bullismo subito alla violenza - In questo Reece è proprio bravo. Nelle prime ottanta pagine descrive con dovizia di particolari la crisi profonda di Shelley, una quindicenne ingenua, che dopo aver visto la sua famiglia andare in pezzi per l’abbandono del padre, è vittima di episodi di bullismo da parte delle sue tre migliori amiche. Una ragazza debole con tendenze suicide che trova nell’esilio in campagna in compagnia della madre quella pace di cui aveva bisogno. Insieme lasciano Londra e si rifugiano in una casa isolata e la loro vita sembra rinascere tra aiuole ben curate ed ettari di campi. L’equilibrio raggiunto viene infranto dall’ennesimo atto violento. Il protagonista è un giovane criminale ubriaco che, nel giorno del 16esimo compleanno si introduce nella casa delle due donne alla ricerca di denaro e oggetti di valore. La paura si trasforma in azione violenta, il giovane muore sotto i colpi di coltello della ragazzina e le botte sul cranio inferte dalla madre con un tagliere. E’ il trionfo del lato oscuro che anche il più mite degli esseri umani possiede. L’omicidio segna il superamento di una soglia che una giovane inglese della middle class non aveva mai immaginato di dover raggiungere.
Colpi di scena continui e un lieto fine - Gordon Reece però non cede alla tentazione di trasformare Shelley in una killer assetata di sangue e di vendetta. La ragazzina e sua mamma vengono travolte da una situazione più grande di loro. Passata la paura e l’euforia dell’omicidio, le due donne devono preoccuparsi di fare sparire tutte le tracce con il terrore che la polizia bussi alla loro porta. Una macchina parcheggiata davanti alla siepe del loro cortile è sufficiente a far crollare il fragile equilibrio psicologico di Shelley e di sua mamma. L’automobile viene inghiottita e dimenticata in un parcheggio immenso e così Shelley arriva a pensare: "Avevamo ucciso un uomo. L’avevamo pugnalato e colpito a morte sul pavimento della nostra cucina. E l’avevamo fatta franca". Ma la parola fine, nel noir, è spesso solo rimandata. E così l’autore si diverte nuovamente a distruggere la tranquillità raggiunta dalla coppia madre-figlia e rimescolare le carte. Un nuovo uomo farà l’ingresso in scena, ma il lieto quanto tragico finale è solo rimandato.
Fonte: tiscali
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