La Venere di Milo rinvenuta nel 1820 nell’isola di Milo in Grecia, l’antica opera scultorea, rivela ancora uno splendore e un incanto incensurabile. La Venere, a tutt’oggi, appare in tutta la sua sublimità, con la sua espressione profondamente giudiziosa. Un’immagine di donna di fascino, nella piacevolezza allegorica di dolcezza e di vera femminilità.
Il medesimo splendore lo si può percepire in Italia quando Sandro Botticelli concepì nel 1482 la ‘Nascita di Venere’ un mito antico per rivelare un ideale di bellezza nuova, in ugual modo la ‘Venere Italica’ di Antonio Canova realizzata nei primi dell’800 nella ricerca del bello, ideale tra perfezione e purezza. La vera bellezza rimane viva nei secoli, come a voler dare prova che la vera cultura non ha niente a che fare oggi con il mondo artificioso degli influencer.
Dopo “Miracolo a Napoli”, in relazione all’incendio che ha distrutto la Venere degli stracci, l’artista Francesco Guadagnuolo colpito nella sua sensibilità di uomo e di artista, si ferma a ragionare sulla sua ultima scultura-installazione dal titolo: “Dalla grande Venere di Milo all’artificiosa ‘Venere influencer’” evidenziando il dilemma che vede oggi l’oggettivazione della donna e la sua frivolezza nel mondo pubblicitario. Con quest’opera, l’artista vuole esprimere un malessere diseducativo ed un profondo disappunto, trovando nell’arte un’eco di bellezza, dando origine ad un’opera di certo inquietante, che sembra più appartenere al mondo dei sogni che a quello reale. L’opera raffigura una bella donna decorata con costosi gioielli di lusso che reclamizza prodotti alla gente ed a chiunque della classe lavoratrice, tenendo uno Smartphone in mano, pronto ad essere usato mettendo a profitto ogni occasione di vendita. In basso in una teca di cristallo è conservata e tutelata “La Grande Venere di Milo”.
Davanti a questa materialità, l’arte ha anche la competenza di esortare le coscienze e le avversità della nostra vita. L’arte genera richiami consistenti, emozionali: come in questo caso testimonia come la bellezza quella vera sia senza tempo e non può trasformarsi in semplice materialità commerciale. Guadagnuolo, con quest’opera, esprime una profondità poetica che viene disgregata dai social, trovando un’eco di attrattiva dentro le visioni della rovina. Una realtà sensibile ed una realtà immaginativa s’incontrano, dando origine ad un inquietante mondo che non ci appartiene più. Potremmo dire una grande arena, dove popolano i cosiddetti influencer attorno ai loro “potenti” social nella loro presenza–assenza, dove scorrono fiumi di denaro da cui si possono generare leggende metropolitane di ogni tipo, in una vita impoverita di materialità allontanandosi dalle cose più importanti della vita come la morale, l’etica nella visione dei valori che caratterizzano l’ambito sociale e di difenderli da chi non ne ha cura, questi hanno sempre dato dignità all’essere umano.
Un’opera transrealista-visionaria-umanitaria, mette in corrispondenza “La Venere di Milo” con l’artificiosa influencer. Con quest’opera potremmo dire: esistenze andate in fumo, aspirazioni che potrebbero rincorrere a più sofferenze quotidiane. Davanti ad una materialità ingiusta in cui le lacrime hanno finito di scorrere forse nell’adattamento insopportabile. Ciò che rimane alla fine é quel tunnel d’inferno con tutti i suoi vuoti che si persevera, facendo finta di niente per non rivelare.
L’arte ha anche la competenza di esortare le coscienze e le avversità della nostra realtà, generando richiami emozionali consistenti, spronando i mezzi di comunicazione di massa contro gli orrori della classe umile, povera, verso la quale non si è propensi a pensare alle loro condizioni di indigenza e deprivazione.
Questo è il messaggio che si sente di sostenere con quest’opera comunicativa il Maestro Guadagnuolo, affinché si possa portare le coscienze a considerare che la vita vada vissuta degnamente, per se stessi e per ogni essere umano.
Guadagnuolo è un artista siciliano, è il maggiore rappresentante del Transrealismo italiano, lavora tra Roma, Parigi e New York per cui la sua attività di pittore, scultore e incisore lo porta spesso fuori dall’Italia. L’Opera per la quale è maggiormente conosciuto è ‘Il debito estero – verso una nuova solidarietà’ che si trova, dal 1999, permanentemente esposta nella sede dell’ECOSOC all’ONU New York.
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