"Io non escludo il dialogo con qualsiasi potenza, che sia in guerra, che sia l'aggressore… delle volte il dialogo si deve fare così, ma si deve fare, "puzza" ma si deve fare". Lo ha sottolineato il Papa sul volo di ritorno in Kazakistan spiegando il perché voglia tenere aperto il canale diplomatico con la Russia. "Sempre un passo avanti, la mano tesa, sempre! Perché al contrario - dice - chiudiamo l'unica porta ragionevole per la pace. Delle volte non accettano il dialogo: peccato! Ma il dialogo va fatto sempre, almeno offerto, e questo fa bene a chi lo offre; fa respirare".
"Credo che sia sempre difficile capire il dialogo con gli Stati che hanno incominciato la guerra, e sembra che il primo passo è stato da lì, da quella parte. E difficile ma non dobbiamo scartarlo, dobbiamo dare l’opportunità del dialogo a tutti, a tutti! Perché sempre c'è la possibilità che nel dialogo si possano cambiare le cose, e anche offrire un altro punto di vista, un altro punto di considerazione", osserva il Papa.
Bisogna dare le armi all'Ucraina? "Questa è una decisione politica, che può essere morale, moralmente accettata, se si fa secondo le condizioni di moralità, che sono tante e poi possiamo parlarne. Ma può essere immorale se si fa con l'intenzione di provocare più guerra o di vendere le armi o di scartare quelle armi che a me non servono più. La motivazione è quella che in gran parte qualifica la moralità di questo atto. Difendersi è non solo lecito, ma anche una espressione di amore alla Patria".
"Chi non si difende, chi non difende qualcosa, non la ama, invece chi difende, ama. Qui si tocca un'altra cosa che io ho detto in uno dei miei discorsi, e cioè che si dovrebbe riflettere più ancora sul concetto di guerra giusta. Perché tutti parlano di pace oggi: da tanti anni, da settant’anni le Nazioni Unite parlano di pace, fanno tanti discorsi di pace. Ma in questo momento quante guerre sono in corso? - fa notare - Ucraina-Russia, adesso Azerbaijan e Armenia che si è fermata un po' perché la Russia è uscita come garante, garante di pace qui e fa la guerra lì... Poi c’è la Siria, dieci anni di guerra, che cosa succede lì che non si ferma? Quali interessi muovono queste cose? Poi c’è il Corno d'Africa, poi il nord del Mozambico o l'Eritrea e una parte dell'Etiopia, poi il Myanmar con questo popolo sofferente che io amo tanto, il popolo Rohingya che gira, gira e gira come uno zingaro e non trova pace. Ma siamo in guerra mondiale, per favore...".
Bergoglio racconta una cosa personale, "da bambino, avevo nove anni. Ricordo che si sentì suonare l'allarme del giornale più grande di Buenos Aires: in quel tempo per festeggiare o dare una brutta notizia, suonava quello - adesso non suona più – e si sentiva in tutta la città. La mamma ha detto: "Ma che cosa succede?" Eravamo in guerra, anno 1945. Una vicina viene a casa a dirci: "Ha suonato l'allarme…" e piangeva, "è finita la guerra!". E io oggi vedo mamma e la vicina che piangevano di gioia perché era finita al guerra, in un Paese sudamericano, così lontano! Queste donne sapevano che la pace è più grande di tutte le guerre e piangevano di gioia quando è stata fatta la pace. Non lo dimentico. Io mi domando: non so se oggi noi siamo con il cuore educato per piangere di gioia quando vediamo la pace. Tutto è cambiato. Se non fai guerra, non sei utile! Poi c’è la fabbrica delle armi. Questo è un negozio assassino. Qualcuno che capisce le statistiche mi diceva che se si smettesse per un anno di fare le armi si risolverebbe tutta la fame nel mondo… Non so se è vero o no. Ma fame, educazione… niente, non si può perché si devono fare le armi. A Genova alcuni anni fa, tre o quattro anni fa, è arrivata una nave carica di armi che doveva trasferirle in una nave più grande che andava in Africa, vicino al Sud Sudan. Gli operai del porto non hanno voluto farlo, gli è costato, ma hanno detto: "Io non collaboro". E un aneddoto ma che fa sentire una coscienza di pace. La guerra in sé stessa è un errore, è un errore! E noi in questo momento stiamo respirando quest’aria: se non c’è guerra sembra che non c’è vita. Ma il diritto alla difesa sì, quello sì, ma usarlo quando è necessario".
Fonte: Adnkronos
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