Non so se i lettori di questo portale con i quali mi illudo di conversare, abbiano notato che sono solito affrontare quanto accade per trarne considerazioni generali sull’andazzo del proprio tempo. Infatti sono due i modi di fare giornalismo: quello di dare corda alla cronaca giornaliera per riempire i quotidiani, favorendo una specie di pettegolezzo su uomini e fatti del giorno; e quello di evidenziare dell’accaduto quello che può essere utile a trarne una lezione su quello che sarebbe il pensare del tempo. Allineandomi a questa seconda modalità, mi pare utile riassumere quanto già trattato e completarne il quadro per chiarezza di finalità. Se dunque guardiamo alla politica estera non c’è dubbio che essa sia evidentemente ancora una volta dominata senza scandalo, dalle dittature, anzi addirittura dai dittatori, anche se si tratta di mediocrità intellettuali, anzi a maggior ragione per questo. Cosi, per esempio vediamo la gloriosa terra d’Egitto, con la sua nobilissima storia di antica civiltà, ridotta nelle mani di un militare che, servendosi magari di profittatori e giudici ruffiani, dimostra di aver paura di due ragazzotti che scrivono articoletti. Oppure assistiamo alla eliminazione spicciola di qualsiasi opposizione in una Russia rifattasi potenza a furia di chi può distruggere di più.
Se ci soffermiamo invece nelle vicende italiane ed europee non può dubitarsi che ancora oggi vige il nazionalismo cioè l’interesse di farla in barba anche al vicino se si tratta di difendere maggior prestigio, mentre si continua a cercare di non far fallire del tutto l’europeismo, che, di fatto, è già fallito. Dunque siamo fermi ai poteri assoluti e alle prevaricazioni degli stati l’uno su gli altri.
Se passiamo poi a dire di progresso o meno sul piano sociologico, due sono gli argomenti che si evidenziano: la questione della parità di diritti e posizione del genere femminile (avvertendo che dire parità di genere resta una grossa idiozia); e la mancanza di cura della dignità dell’individuo. Circa il primo argomento oggi ci si crede più bravi se si dice che alle donne deve andare più potere, che non si può discriminare il genere femminile e non ci si accorge che, battendo troppo su questo tasto, si è finito per offendere le donne, quasi si preveda che il loro potere sia per obbligo della modernità e non dei loro valori. Oltre al fatto che pare che il genere femminile sia una razza a parte e non la componente di una umanità con le sue libertà di affermazione. E a parte il fatto che bisognerebbe pure fare i conti con quanto perde il pregio della femminilità sia nei rapporti affettivi che in quelli di lavoro.
Circa l’atro argomento, i guai sono dovuti alla mentalità dell’oggi ove conta solo, l’immediato, la scarsa attenzione al futuro, la prevaricazione della ricchezza sui beni umani che la società occidentale favorisce più preoccupata del pil che del vivere civile. Nessun lavoro, nessun sindacato, nessun ente umanitario si occupa o punisce chi nel mondo del lavoro non tratta le giuste condizioni fisiche e morali di chi lavora. Oggi anche un bifolco che ha fatto soldi può impiantare un’azienda e infischiarsene della tutela della dignità del lavoratore. E tutto questo porta ad una sola conclusione: che attraversiamo un’epoca di crisi culturale, nella quale manca un’idea di un ordine del mondo (si pensi all’ONU che è solo un ufficio di accomodamenti precari); dove manca un pensiero progressivo e quindi mancano uomini intesi a determinare qualche svolta nella storia. Manca cioè il pensiero efficace e credibile. Se diciamo che non ci sono pensatori illuminati non si intende rimpiangere qualche Platone o Pericle, ma magari almeno un Gramsci o un Noberto Bobbio. Che se poi pensiamo a che punto è la filosofia contemporanea, stiamo davvero male. Se infatti ci vengono in mente i nomi dei maestri in vigore, ci viene di citare, ad esempio un Massimo Cacciari che, quando tratta di filosofia, anziché chiarire delle questioni, sembra faccia i gargarismi (la battuta è di un gustoso Oreste Macrì); oppure quell’ Emanuele Severino, il quale ci viene a restituire addirittura Parmenide per affermare che il divenire non esiste. Allora circa il pensiero contemporaneo non ci resta davvero che affidarsi ai bigliettini dei baci perugina. E c’è poco da ridere
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