E’ ormai nota da qualche settimana la repentina crescita dell’epidemia causata dal virus SARS-CoV-2 (sindrome acuta respiratoria grave), iniziata nella città di Wuhan e ormai giunta anche in Europa. Ma cos’è davvero SARS-Cov-2? Meglio noto come Coronavirus, è un virus facente parte dei betacoronavirus, una sottocategoria della famiglia dei Coronaviridae a cui appartengono anche l’influenza stagionale ed il comune raffreddore; tuttavia, nonostante la frequenza con cui questi ultimi si presentano, esiste in natura una grande varietà di sottogruppi dei Coronaviridae ancora sconosciuti all’uomo e alla comunità scientifica, uno di questi è proprio il SARS-Cov-2.
Analizzando i fondamentali dati tecnici, vediamo che il coefficiente di contagio calcolato in base al valore riproduttivo R0 (che esprime il numero di persone che possono essere contagiate da un unico paziente infetto) si attesta a circa 2,3, a differenza della comune influenza, anch’essa un Coronvirus che ha invece un valore di R0 di 1,3. Il coefficiente di R0 fornisce informazioni circa il numero di contagi causati da un infetto (un paziente infetto contagia in media 2,2 persone). L’infezione tuttavia non è immediata: altro strumento utile per la profilassi è infatti la velocità di trasmissione del virus che dimostra come la comune influenza abbia un periodo di latenza all’interno dell’organismo infettato di circa 2-4 giorni, mentre SARS-Cov-2 un periodo di incubazione di 14 giorni. La malattia provocata dall’infezione del virus viene definita COVID19; in questi termini sono chiari i dati sulla patogenesi della malattia, poiché è ormai noto che i principali danni causati sono a livello delle basse vie aeree con possibilità di polmonite accompagnata da altra sintomatologia come febbre alta e tosse.
Fatta chiarezza sulle generalità del virus è bene ricordare come i virologi e gli studiosi abbiano rassicurato la popolazione sulla mortalità del virus: il tasso di letalità è stato stimato intorno al 2,3% contro lo 0,13% dell’influenza e il 9,6% della SARS. Il tasso di letalità è un dato da contestualizzare nella lettura generale della malattia, che sembrerebbe essere particolarmente acuta in soggetti molto anziani, immunodepressi, diabetici, debilitati, con pregresse malattie dell’apparato circolatorio e polmonare. Tuttavia come confermato dalle autorità la principale preoccupazione del mondo scientifico e dell’OMS sarebbe la velocità di contagio; le misure precauzionali prese, come la chiusura delle scuole e delle università sarebbe infatti un tentativo di prevenzione del contagio volto a garantire non solo il SSN ma anche e sopratutto le fasce più a rischio.
Cercando di meglio interpretare i dati statistici forniti, risulta evidente, a detta degli esperti, che la crescita dei contagi è e sarà esponenziale; rappresentando graficamente la curva d’infezione e conoscendo il comportamento statistico dei virus è ormai stato chiarito dalla comunità scientifica che il numero di contagiati aumenterà fino al raggiungimento di un plateau che costituisce la massima capacità di contagio del virus. Dati rassicuranti arrivano fortunatamente dalla Cina, dove il contagio sembrerebbe essere in una fase di rientro.
Le aspre polemiche vanno però approfondite, molti virologi ed esperti sembrerebbero infatti tutt’ora in disaccordo su alcune caratteristiche del virus. Tali incongruenze sono frutto di due diverse chiavi di lettura di SARS-Cov-2 e della malattia COVID19; da una parte infatti microbiologi e laboratoristi sono ottimisti visti i risultati analitici ottenuti in laboratorio, considerata anche la reale e poca mortalità causata dal virus; d’altro canto però la medicina clinica italiana sembrerebbe fortemente provata, nelle ultime settimane, dal forte stress a cui il SSN è stato sottoposto sopratutto nelle zone dei focolai dove gli ospedali sono ormai al tracollo. La più grande preoccupazione della medicina, dei medici internisti, dei rianimatori sarebbe infatti dovuta alla scarsa distribuzione dei posti in terapia intensiva, fondamentale nel 10% dei casi. Anche la Regione Sicilia si è mossa in tal senso, chiedendo un aumento di 100 unità di terapia intensiva da aggiungere ai 400 posti letto già disponibili; numeri preoccupanti in caso di un black code sanitario e di un crollo effettivo del SSN che sarebbe pronto a rimandare gli interventi di sala operatoria non urgenti per fronteggiare alle richieste fisiche di anestesisti, ventilatori, apparecchiature e presidi per la terapia intensiva.
Ultimo punto chiave della situazione coronavirus, in ambito epidemiologico è la preoccupazione di una possibile mutazione del virus che, essendo un organismo acellulare parassitario potrebbe andare in contro a mutazioni evolutive del proprio genoma proporzionalmente collegate al numero di contagi. Queste mutazioni preoccuperebbero infatti su due fronti: il primo, relativamente alla struttura stessa del virus, che modificando la sua genetica sarebbe in grado di provocare una collaterale mutazione della sua virulenza alterando così le sue caratteristiche patogene. Il secondo aspetto sarebbe principalmente di interesse terapeutico, poiché diventerebbe estremamente complicata la ricerca di un vaccino per un virus instabile e in continuo cambiamento la cui mutazione genomica provocherebbe una resistenza ai farmaci antivirali, antimalarici e ACE-inibitori attualmente in uso.
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