Non poteva non succedere, ed infatti è successo che tra gli stati europei scoppiasse la lite, allorché si è trattato di affrontare, senza possibilità di tergiversare, un episodio legato al gravissimo fenomeno epocale dell’immigrazione. Non poteva non succedere, data l’equivoca essenza dell’attuale Europa, che sarebbe unita si e no. Fin qui si è andati avanti, sempre fingendo orrore e recriminando per i morti in mare, ma soprattutto ammortizzando il problema, perché c’era chi lo consentiva pacificamente, ed era l’Italia. Quanti elogi sono piovuti verso l’Italia, perché lasciata sola ad affrontare gl’infiniti sbarchi, perché è stata brava a sostenere l’organizzazione ricettiva, perché insomma si è rivelato paese nobile, accogliente, caritatevole. Ma è bastato che un nuovo governo italiano dicesse che non se ne può più, che il fenomeno sbarchi è divenuto insostenibile, e la cecità europea fattasi insopportabile, e perciò si ponesse un drastico alt, che subito agli elogi sono stati sostituiti gl’improperi, anche quelli piuttosto volgari e gratuiti, diplomaticamente incivili. Addirittura Francia e Spagna sembra abbiano perso la testa, evidentemente perché preoccupate che la pacchia di potersene stare alla larga sia finita. Insomma è chiaro che l’Italia sarebbe cara ed ammirevole finché se ne sta quieta a subire, e la sua diplomazia resti quella che, per non essere isolata, deve solo e sempre distribuire inchini e strette di mano accondiscendenti nelle sedi diplomatiche europee.
Ora noi non siamo proprio dei fans di Salvini, cui anzi rimproveriamo toni e qualche atteggiamento esibito di troppo e non favorevole alla consistenza del governo di cui fa parte, ma non possiamo non apprezzare il fatto che con lui, a causa della sua drastica presa di posizione sui migranti, finalmente si pone sul tappeto una buona volta la funzionalità dell’Europa come organismo unitario, la sua vera essenza, la probabilità del suo futuro.
Intanto, per inciso, val la pena rilevare che questo Salvini rappresenta una vasta, se non maggioritaria, porzione di Italia, che l’ha eletto proprio in vista della questione immigrati, il che qualcosa deve pur significare, e bisogna tenerne conto prima di demonizzare facilmente il soggetto; inoltre, essendo egli ministro del Governo italiano in carica, merita il giudizio e il consenso non come persona in sé, ma in quanto rappresenta l’istituzione che agisce e giova più o meno agli interessi del paese. Un paese che, attaccato come non mai, dovrebbe ritrovare il massino della coesione (Se lo dovrebbero ricordare anche quelli che nelle giornate drammatiche in cui non si voleva tornare a votare e un nuovo governo non si poteva fare, rifiutavano di dare una mano per uscire dallo stallo).
Tornando al nostro tema essenziale, quel che ci accade di vedere e sentire ribadisce la verità, cioè che se c’è da impegnarsi in questioni che non siano quelle della burocrazia monetaria e finanziaria di Bruxelles, l’Europa non esiste. Esistono gli stati europei, come da sempre nella storia, proiettati ora di più ad acquisire o mantenere maggior prestigio, pronti per questo a pestarsi i piedi l’uno sull’altro, e con sempre la fregola dei più forti a voler prevalere sui più fragili. Né abbiamo speranza che qualcosa di nuovo e di meglio venga fuori dai prossimi incontri programmati tra i leader europei, incontri ai quali ciascuno di essi suole andare non con spirito unitario ma con il progetto di far valere gl’interessi del proprio paese, con la furbizia del prevaricare.
Ora, a parte il dramma dei migranti che ormai sarebbe piuttosto affare dell’ONU, ecco la realtà del problema Europa che si è sempre accantonata o nascosta con la retorica di un’unità, che si esalta a parole ma che non potrà mai esistere, perché tra gli stati europei è mancato e manca lo spirito unitario diffuso e non si è mai badato a diffonderlo sul serio. Abbiamo esaltato il progetto Erasmus, buono in sé ma destinato ad una minoranza di figli di papà, e nel contempo non si è mai pensato di sanare il corrivo della maggioranza della classe media che, fatto l’euro (due milioni sono diventati mille) entro ventiquattr’ore è diventata povera. Eppure, con l’adattamento degli anni si è andati avanti con l’euro, e ci si è cullati con il “guai a tornare indietro”, ma mai sono state perseguite proposte di una Costituzione atta ad accumunare gli stati e renderli forti e tutelati difronte alle sfide del mondo mal globalizzato. Quando il nostro ministro degli esteri avverte che l’Europa rischia di sfasciarsi, ci si domanda: ma che tipo di Europa attualmente c’è? Cosa si sfascerebbe, la serie di accordi economici o l’idea unitaria che è già falsa? Che non conta nulla al primo impatto con le faccende del mondo intero?
Sarebbe il caso che l’idea dell’unità europea sia rifondata alla base. Ci vorrà tempo e pazienza, ma soprattutto bisogna anzitutto smetterla col criminalizzare chi denuncia quanto finora si è giocato sporco su questa idea. Quindi si dovrebbe procedere alla creazione di organismi di studio qualificati per la soluzione dei problemi che ostacolano il determinarsi di un progetto unitario effettivamente perseguibile, pur mantenendo quanto che già c’è come moneta. Soprattutto è necessario che si svegli la cultura nelle sue componenti per fare emergere un’anima unitaria, senza la quale non ci sarà mai base di idea che si affermi nella storia. Sarebbe, ad esempio, importante che gli scrittori d’Europa facciano sentire anche la loro voce come voce di una cultura attiva europea, magari smettendola di scrivere romanzetti solo per appagare il proprio io torbido e viziato.
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