Alcuni giorni fa Il fatto quotidiano pubblicava un articolo meritevole di particolare attenzione: finalmente vi si chiamavano in causa gl’intellettuali, con un invito a sostenere l’attuale esperienza di governo e annotando nel contempo la loro riprovevole assenza nella temperie dei tempi che attraversiamo. Poiché è questo un concetto che noi abbiamo da tempo asserito, val la pena tornarci sopra con qualche spunto opportuno.
Intanto occorre domandarsi chi sono oggi gl’intellettuali; se hanno una posizione; quale sia che giovi nella vicenda pubblica, e perché. Si sa che anche gli uomini di cultura o di pensiero, cioè gl’intellettuali, sono per lo più prodotto del tempo, ma tra essi, quelli che veramente contano, sono quelli che del tempo sanno farsi piuttosto analizzatori appassionati, tali da divenirne critici e persino oppositori. Il problema dell’intellettuale rispetto al tempo in cui vive è quello di non lasciarsi contaminare da quelle tendenze affaristiche, falsamente innovatrici, rumorosamente appariscenti, con le quali la politica, e la stupidità diffusa nei mezzi d’informazione, suole blandire le masse. In politica oggi non si fa che usare ed abusare di termini come cambiamento, innovazione, democrazia, ma non ci si cura di quanto se ne sia perduto il senso e la credibilità. Perché è un tempo in cui l’agire come il pensare hanno perso il principio di riferimento essenziale che è l’uomo con la sua eterna lotta contro il male e la sua tensione alla probabile felicità. E’ vero che il nostro è tempo di grandi conquiste nei vari campi della scienza, dalla medicina all’astronautica; che la tecnologia ha esiti da stupire; ma quanta ubriacatura non si avverte che mortifica l’uomo invece che renderlo soddisfatto? Tra quante banalità nella pratica della vita civile lo si lascia nuotare? Ed è di questo che vuol discutere l’intellettuale. Se non lo fa, se non tenta l’idea di come reagire, vuol dire che non è tale. Sarà magari uno scrittore che fa soldi vendendo cronachette amorose o romanzetti gialli coll’immancabile puzzo di mafia, cercando di imitare Camilleri; sarà uno spolveratore di archivi; ma non ha niente di serio da dire al nostro tempo; come non ha avrà niente da dire il tecnologo, anche carico di titoli accademici, ma solo magari ubriaco di epopea digitale. Perché quello che suole dirsi attuale o moderno, aggiornato, non va confuso col concetto di progresso, che è quanto riguarda il futuro e la storia di cui si è parte. E se oggi vantiamo la capacità di creare strumenti sempre più perfetti e giovevoli nella necessità dell’agire nella vita operativa, dobbiamo anche misurare quale prezzo siamo costretti a pagare circa l’uso del pensiero, la qualità del pensiero stesso e l’affermazione della dignità umana. E se constatiamo che oggi tutto è proteso all’immediato, al vantaggio da acquisire ad ogni costo, a qualsiasi prezzo; a far prima rispetto agli altri e contro gli altri, ci accorgiamo che per lo più tradiamo il concetto di vero progresso che va calcolato invece sui maggiori spazi di libertà e di riguardo che implicano l’essenza dell’individuo, il suo spirito.
Stando a queste considerazioni si evince chi oggi possa essere considerato intellettuale, cioè chi è colui che difende suddetti parametri e si spende per essi in ogni modo; sicché si deve convenire che di intellettuali oggi se ne vedono pochi. Qualche scrittore, qualche filosofo compare anche oggi in televisione, ma per lo più li vediamo discutere delle cose politiche, che pure sono gravi, come cose da cui stanno lontani, esibendo dei sorrisi di superiorità che li fa ebeti più che spiritosi. Eppure la politica con i suoi temi è quanto di più incidente investe la nostra vita quotidiana; e quelli che sono spesso anche nella vita pratica i nostri motivi di cruccio vengono dalle disposizioni della politica, cioè dagli uomini che fanno politica ed hanno perduto l’obiettivo della dignità dell’individuo da tutelare. Sono quelli che nessuno sa smascherare o redarguire a dovere, talmente ingolfati negli intrighi per le poltrone, che ormai qualsiasi soggetto da ritenere appena valido a vendere in piazza pentole e casseruole si ritiene statista, fonda un partito e trova pure tanti che lo seguono. Perché non c’è più scuola, non più voce che recrimini. Non c’è più chi getti in faccia e spieghi le parole del grande poeta Mario Luzi: “…senza un’idea di sé da dare o da difendere non si regna, si scivola in intrighi di taverna” E infatti intrighi di taverna imperversano oggi nella politica italiana, col pieno silenzio degli intellettuali.
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