Ha fatto piacere apprendere che il nostro Presidente abbia posto tra i suoi impegni primari quello sulla scuola. Solo che il soggetto, senza dubbio distinto e degnissimo oltre ogni dubbio, a parte il comprensibile ruffianesimo dei giornali, è destinato comunque a sostenersi a prezzo di alquanta buona volontà delle forze politiche e ne dovrà tenere conto. Allora ci si domanda, a proposito di scuola, che cosa abbia in mente per il suo effettivo rilancio, come fattore essenziale della tenuta civile del paese. Ci saranno idee oltre le faccende di orari, durata delle lezioni, sistemazione alla peggio della carenza degli insegnanti, insomma qualcosa che vada oltre le forme esteriori e i soliti sindacati? Lasciamo andare nel nostro caso le problematiche delle Università tutte in fondo riassumibili nelle pastoie dei baroni e della ricerca, e occupiamoci della scuola secondaria che è in fondo quella che più incide come questione peculiare del paese e vediamo se si va per il verso giusto. Stando alle prime avvisaglie purtroppo non pare. Perché forse ancora una volta non si parte con le considerazioni adeguate. Una scuola che vuole essere nuova deve poggiare su una chiara visione dei destinatari e deve essere tale da soddisfare le richieste della società in cui essa opera, anzi piuttosto di questa società dovrebbe essere forza di ripensamento e propulsiva. Questione di uomini e di obiettivi, in questo caso di giovani e di scelte. Sulla questione giovani si continua ad errare. Non si fa che dire “giovani qua e giovani là” , diritti dei giovani, idee dei giovani, esigenze particolari dei giovani, e così si è finito per creare dei giovani una categoria umana a sé, fatta di comprensione falsa, di giustificazioni a parte, come se l’essere giovani sia essere fuori di una parte dell’esistenza, lontana dalla lotta del vivere. Mentre la verità è, al di là di un paternalismo sciocco e ipocrita, figlio forse dello stupidario sessantottino che sui giovani si esercita un conformismo sciatto, quello che li veste tutti con gli stessi outfit. Altro che riforma al nuovo e speranza di ricambio! In secondo luogo, e qui si tocca l’essenziale, bisognerebbe avere più chiarezza su che cosa vogliamo che la scuola dia ai giovani. E qui casca l’asino: perché finora di tutto si è parlato e si continua a parlare, dall’apparato alle dispute su orari, tempi e date di esami, di gruppi organizzati, di scelta di libri di testo - cosa che ritengo una truffa organizzata -, ma senza il minimo ripensamento su come la scuola possa continuare ad essere la saggia palestra di elaborazione del mondo tra passato e presente, tra storia consumata e storia che ti cade addosso e che ti chiede capacità di puntualizzazione e di scelte. Senza contare che è ancora nella scuola, quella vera, il luogo in cui nelle strettoie critiche delle aule si fa verifica del procedere del mondo. Per cui diciamo a proposito che è forviante pensare ad una scuola che non lasci ai giovani il tempo libero perché partecipino ai dibattiti e alle manifestazioni della vita ufficiale nella quale aspirerebbero addivenirne presto protagonisti. A questo punto mi viene di concludere ripensando ad un mio stimatissimo collega di matematica, che soleva dire ai suoi liceali: “mi basta una lavagna con un pezzo di gesso e un po’ della vostra attenzione e affronteremo i problemi”. Ecco, mentre ci avviamo ad un mondo di idiozia digitale diffusa, quello che ancora oggi è la vera scuola: pochi e semplici strumenti e disponibilità umana a dare e ricevere. Il resto sarebbe chiacchiere e le chiacchiere sanno solo di carnevale.
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