Se ben si guarda e si riflette sullo sfondo del panorama politico vigente, la prima grave impressione che se ne trae viene dal constatare come si vada avanti a forza di continue elezioni, che si celebrano in successione qua e là nel paese, ora per questa regione ora per l’altra, ora per i vari governi regionali, ora per i sindaci, oltre quelle per Governo e Parlamento nazionale. Ci sono insomma impegni elettorali tutti i mesi, tutti gli anni e in tutti i diversi luoghi. E’ una vera inflazione di democrazia, alla quale si è ormai avvezzi e della quale non si può fare a meno. Il che però non esclude che la cosa dovrebbe apparire perlomeno un po’ fastidiosa se non preoccupante, se riferita agli interessi reali del paese e al valore stesso della democrazia. Sembra infatti che si ceda ad una specie di giuoco cui si accompagni il ritornello “Quant’è bello tornare a votare madame Dorè, ma quant’è bello!”, perché il primo effetto di una cosa che si ripete troppo, che distrae troppo dalle urgenze della vita ordinaria di tutti, è quello che essa perde valore e serietà di funzione, diventa un giuoco scontato, una cosa da cui ci si può facilmente esimere. Come accade quando si registrano scarse percentuali di votanti. Basterebbe legiferare in modo da livellare le date onde per tutto il paese non ce ne siano più di tre ogni cinque anni, e senza pretesa dei leader di voler fare i protagonisti dappertutto. Vero è che la posta in giuoco per ogni impegno elettorale, giacché prevede accesso a dei privilegi, non è indifferente, ma proprio per questo viene l’altro effetto che cioè, al continuo votare, di più possano correre a prestarsi come candidati soggetti mediocri o che hanno interessi particolari da difendere. Chi nella vita sociale ha già impegni ed esperienze di prestigio difficilmente si mette a perdere tempo con il faccendismo della politica che conosciamo; e di questo abbiamo avuto qualche apprezzabile prova anche recente.
Sono queste le considerazione che ci vengono per spiegare il vissuto della politica secondo la visuale di chi non la pratica sui primi piani da protagonista ma la subisce come uomo di pensiero e la giudica. In questo vissuto attualmente da noi fanno particolare rumore di cronaca due fatti: la sconfitta elettorale di Salvini e la crisi del Movimento Cinque stelle, l’uno e l’altro forieri di conseguenze per la tenuta del Governo in carica. Ma né l’uno né l’altro di questi fatti erano imprevedibili: il Salvini, temuto e osannato anche troppo dal mass-media leccapiedi di chi fa più rumore, In realtà aveva a che fare con una Regione di cultura troppo diversa dalla sua; per i Cinque stelle non era il caso di strapparsi troppo le vesti per il loro disfarsi, giacché, come abbiamo già scritto su questo giornale, non può avere futuro chi nella pratica politica non ha uso sapiente e paziente di compromesso. La pretesa di restare in un Parlamento sempre neofiti, puri e duri, è impraticabile ed un po’ infantile. Ma il fatto è che soprattutto la gestione della politica è finita in mano appunto alla mediocrità forse anche a causa della mediocrità che le tocca gestire, giacché i grossi interessi di ogni paese di questi tempi si giuocano altrove. Essa pertanto si esprime con i personaggi che vediamo galleggiare e che la televisione ci rifila con incredibile chiacchera a tutte le ore. Essi del resto ce la mettono tutta nel declinare quelli che sono i vizi della politica nostrana e che appunto ne danno la caratura: un esasperato individualismo e un connesso difetto di stile. Abbiamo visto e vediamo di tutto: da un Renzi, dirigente di un Partito storico, che allorché non vi può comandare più lui, se ne esce per farsi un altro partito personale; al caos dei Cinque stelle, ove il tutti contro tutti non è che fregola di aspirare ai primi piani, distinzione per emergere; alle sfide di piazza con richiesta di elezioni subito, per puro calcolo di capitalizzare più voti e più seggi, anche se in questo frangente tornerebbero nocive al paese. E’ insomma un prevalere di personalismi esasperati, ove non hanno luogo idee e progetti credibili per il bene pubblico, e che riducono la dialettica politica alla libidine di sopraffazione dell’avversario e spesso alla volgarità dell’esprimersi. Senza curare che i guai del paese aumentano, con in primo luogo quello della sua disunità, cosa che dovrebbe preoccupare, nonostante che invece, a quanto pare, qualcuno se ne avvantaggi: se il sud trionfante di Forza Italia ha qualche senso. E da italiani consapevoli non c’è certo da sentirsi confortati.
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