Una quotidianità più sedentaria, in parte dovuta anche al periodo di lockdown, con la conseguente forzata inattività, e complici le elevate temperature estive, ha portato a registrare un aumento di casi di insufficienza venosa, soprattutto nei soggetti predisposti. Se non adeguatamente curata, l’insufficienza venosa può aggravarsi e dare luogo alle cosiddette varici, più conosciute come vene varicose. Maria Eleonora Hospital di Palermo, Ospedale di Alta Specialità accreditato con il Servizio Sanitario Nazionale, è centro di riferimento per il trattamento delle arteriopatie periferiche e delle malattie vascolari, nonché tra i pochi centri in Sicilia a trattare le varici con la termoablazione, mediante sonda laser o sonda a radiofrequenza, e tra i primi centri in Italia per numero di interventi con 440 procedure all’anno.
Le vene accolgono tra il 60% e l’80% del sangue che, attraverso meccanismi di “pompa muscolare”, ovvero la compressione delle vene che avviene durante l’attività muscolare, viene spinto dagli arti inferiori verso il cuore. Una disfunzione di questo meccanismo di pompa, o un processo degenerativo delle pareti venose che ne causa una perdita di tono ed elasticità, possono causare ristagno di sangue nelle vene degli arti inferiori.
“La sedentarietà che ha caratterizzato i mesi di lockdown è tra le prime cause di stasi venosa, ovvero un rallentamento della circolazione sanguigna nelle vene, che rappresenta uno dei tre fattori che si ritiene contribuiscano e predispongano allo sviluppo di una trombosi venosa – spiega il dott. Vincenzo Sutera, specialista in Chirurgia Vascolare a Maria Eleonora Hospital, e direttore sanitario pro tempore della struttura –. Se a questo aggiungiamo le alte temperature tipicamente estive, che determinano vasodilatazione e quindi sfiancamento della parete venosa, ecco che possiamo comprendere perché in questi ultimi mesi abbiamo assistito a un incremento, di oltre il 30% rispetto alla nostra esperienza, di casi di arteriopatie periferiche anche gravi”.
Secondo le stime, in Italia circa il 50% della popolazione soffre di insufficienza venosa, con una incidenza maggiore nelle donne – complici familiarità, gravidanze e squilibri ormonali – e nei soggetti che conducono una vita sedentaria.
Tra i sintomi più indicativi a cui prestare attenzione vi sono pesantezza e gonfiore degli arti, crampi notturni, formicolio, edemi e teleangectasie (i capillari visibili oltre l’epidermide), fino all’ulcera peri-malleolare, dovuti alla stasi del sangue che fatica a circolare, proprio a causa della disfunzione della pompa del sistema vascolare. Se sottovalutata, questa patologia può portare all’insorgenza di varici, impotenza funzionale dell'arto e, solo nei casi più gravi, a embolia polmonare.
“In presenza di questi sintomi o in via preventiva – prosegue il dott. Sutera – si procede alla diagnosi con esame, l’ecocolordoppler venoso, che rivela lo stato di salute del sistema vascolare periferico, e se necessario si esegue un piccolo intervento chirurgico per chiudere il vaso malato e ripristinare il corretto flusso sanguigno. A Maria Eleonora Hospital interveniamo con la termoablazione in anestesia locale senza ricovero e senza tagli, ma praticando solo una piccolissima incisione del diametro di un ago, dalla quale inseriamo una sonda che brucia la vena malata, ripristinando così il corretto circolo del sangue”.
L’intervento dura in tutto 5 minuti dopodiché il paziente può tornare a casa e riprendere già dopo 24 ore le normali attività. In presenza di vene secondarie si completa l’intervento facendo nella stessa seduta una flebectomia in anestesia locale, tecnica di microchirurgia per l’ulteriore asportazione di varici e vene varicose.
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