"In un’epoca in cui per le donne era difficile anche solo frequentare il college, chi avrebbe creduto che proprio una donna guidava una squadra addetta a decodificare (quasi) impossibili codici di criminali nazisti?”. Eppure è questa la straordinaria storia, spesso dimenticata, di Elizabeth Smith Friedman, la donna che riuscì a decifrare i messaggi in codice dei Nazisti.
Dopo la laurea in letteratura inglese conseguita nel 1916, Elizabeth non cercava di certo fama e notorietà, sperando piuttosto di vivere una vita tranquilla, leggendo il suo amato Shakespeare e scrivendo favole per bambini. Invece si ritrovò a svolgere un ruolo cruciale durante la Seconda Guerra Mondiale.
Tutto ebbe inizio nel 1916, quando in una biblioteca di Chicago, Elizabeth andò a cercare una rara prima edizione del “First Folio” di Shakespeare. In quell’occasione, parlando con il bibliotecario della sua passione per il poeta inglese, gli raccontò che era in cerca di lavoro, magari legato proprio alla ricerca letteraria. Così il bibliotecario fece una telefonata che avrebbe cambiato per sempre la vita di Elizabeth. Chiamò infatti George Fabyan, un eccentrico personaggio con stravaganti convinzioni e consistenti risorse economiche da dedicare alla dimostrazione delle proprie teorie. Il milionario era convinto (come altri all’epoca) che in realtà, dietro alle opere del drammaturgo inglese, ci fosse un ghost writer, nientemeno che Sir Francis Bacon. Per i suoi laboratori situati a Riverbanck, Fabyan aveva assunto una squadra di ricercatori con un compito ben preciso: decrittare i presunti messaggi segreti che Bacon aveva lasciato nelle opere di Shakespeare. Le ricerche non portarono a niente, ma nel frattempo Elizabeth si sposò con un altro dei ricercatori, William Friedman e soprattutto scoprì il suo straordinario talento nel decodificare messaggi segreti.
Nel 1917, quando gli Stati Uniti entrarono in guerra a fianco degli Alleati, non erano dotati di apparati di intelligence: l’NSA e la CIA non esistevano ancora, e nessuno riusciva a comprendere il significato dei messaggi in codice captati via radio. Di fatto, il governo americano si rivolse alla “banda” di Riverbank, l’unica in grado di decifrare i messaggi in codice dei nemici.
Alla fine della Prima Guerra Mondiale, i Friedman si trasferirono a Washington, dove pensavano di condurre una vita tranquilla. Invece il dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti aveva ben altro in mente. Sapevano che Elizabeth era una risorsa indispensabile per combattere la criminalità organizzata, in particolare i contrabbandieri che in quegli anni di proibizionismo usavano messaggi radio codificati per sfuggire alla guardia costiera. La Friedman non si tirò indietro neanche quando venne il momento di testimoniare in aula contro criminali estremamente pericolosi.
Tuttavia, il contributo fondamentale per il bene del mondo Elizabeth lo diede durante la Seconda Guerra Mondiale, riuscendo a decrittare i messaggi in codice delle innumerevoli spie naziste mandate in Sud America. Elizabeth Friedman e la sua squadra, solo con l’aiuto di carta, penna e cellule grigie, decodificarono oltre 4000 messaggi dei nazisti, smantellando di fatto le reti di spionaggio tedesche in Sud America.
Eppure, nessuno sa nulla di lei e del suo fondamentale contributo nella lotta al nazismo. Non solo perché la sua attività venne classificata come “Top Secret Ultra”, ma anche perché il direttore dell’FBI, Edgar Hoover, prese per sé e la sua Agenzia il merito di questo lavoro, senza che la Friedman, tenuta al segreto, poté mai contestarlo.
Elizabeth è oggi considerata la pioniera della crittoanalisi e la prima donna crittoanlista d’America. Il suo contributo viene spesso dimenticato, ma senza di esso le sorti della Seconda Guerra Mondiale sarebbero potute essere totalmente differenti.
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