In occasione del Natale i palermitani sono soliti preparare cibi particolari che ormai da secoli la tradizione impone.
Alla cena della vigilia non può mancare lo sfincione, che fa la sua parte come vivanda principale. A seguire cardi e carciofi in pastella, broccoletti (cavolfiore) sempre in pastella. Un’altra pietanza tradizionale è il baccalà fritto o in umido o quantomeno con la salsa insaporito dalle “passole” (uva sultanina) o stoccafisso, precedentemente mantenuto in acqua per farlo ritornare e renderlo commestibile, lo si prepara alla “ghiotta” con salsa di pomodoro, capperi, uva sultanina, sedano e olive nere. Alla fine sono i dolci che prevalgono: a “petrafennula”, dura come una pietra, che di solito si mangia nella novena dell’Immacolata o il buccellato (ù cuccidatu) grossa ciambella, ripiena di fichi secchi, ricoperta da confettini multicolori. I pasticcieri palermitani confezionano poi la cosiddetta pastaforte, “a cubbaita” di mandorle e miele cotto, la preparano anche di “giuggiulena” il nome dialettale del sesamo. Ma a prevalere per il Natale per i palermitani è la tradizionale “mustazzola”, durissimi dolcetti di zucchero, farina e miele, dove nella parte biancastra vi è raffigurato generalmente un bambinello dormiente, dolce che rievoca l’antica vivanda “mustacca” che i romani mangiavano nella festa pagana del saturnalia. A Palermo la forma più piccola come un bocconcino viene chiamato “nucatolo” che si mangia il giorno dei morti. Le nonne, rievocando vecchi tempi, preparano le sfinci, specie di frittelle fritte e cosparse di zucchero e miele. Dopo il dolce si beve solitamente un bicchierino di marsala o di rosolio, generalmente fatto in casa.
Abitualmente tra una pietanza e l’altra, gli adulti giocano a carte, o si divertono con la “tombola” occupando il tempo sgranocchiando frutta secca, lo “scaccio”, atto ad essere schiacciato come noci, mandorle e nocciuole. E’ consuetudine, prima di recarsi alla partecipazione della messa notturna, di scambiarsi i “doni”: quest’antica usanza rievoca momenti di vita contadina quando le prime primizie venivano regalate ai padroni.
Poco prima della mezzanotte, i più avvezzi si recheranno a messa per partecipare alla funzione religiosa, nella quale vi è la rievocazione della nascita del bambino Gesù, luce del mondo, la luce del cero natalizio lo simboleggia e la fiamma a proprio questo significato, anticipata dal periodo dell’Avvento, natività ricordata soprattutto con l’allestimento del presepe. Di questa pratica c’è lo ricorda il Pitrè, nei tempi antichi il popolo si recava in chiesa di buon’ora, portandosi dietro abbondanti libagioni con le quali accompagnava devotamente la sacra funzione. Sono gli evangelisti Luca e Matteo a descrivere la natività, nei loro sacri testi, mettendo in evidenza la sacra rappresentazione della famiglia: Maria, Giuseppe e Gesù, il messia.
Questa scena verrà raccontata durante la messa notturna in chiesa con la partecipazione dei vari componenti la comunità parrocchiale, che allo scoccare della mezzanotte farà nascere il bambinello per porgerlo in una mangiatoia di un allestito recinto, il nome latino di presepium, che la tradizione vuole come il “presepe”, ovvero recinto chiuso. Questo simbolo voluto da San Francesco che la notte del 1223 volle che si riproponesse nella santa messa notturna a Greggio piccolo paesino dell’Umbria, dove successivamente Origene, aggiunse il bue e l’asinello che divengono simboli del popolo ebreo e dei pagani.
La prima serie di novene, cioè subito dopo l’Immacolata dove per l’occasione vengono festeggiate le varie “concette e concetti” che a Palermo erano diffusi tra i nomi popolari.
Il giorno di Natale la famiglia in tutta la sua entità gerarchica si riunisce ancora attorno al tavolo della stanza da pranzo per celebrare un rituale atto a santificare la festa con il copioso banchetto. Anelletti al forno è il piatto della festa per eccellenza, dove l’ingrediente principale è la carne “capuliata” insieme alla salsa di pomodoro, che può essere preparata con ragù di maiale e ricotta; seguono il “brociolone” di carne di vitello o di maiale, o gallina ripiena con contorno di patate o brociolone di “cotenne”, salsiccia ecc., accompagnati quasi sempre da verdure e da insalate come quella d’arance con aringhe. La conclusione copiosa è rallegrata dalla presenza del dolce che per la Sicilia patria della pasticceria apre le porte ad una vera e propria invasione di panettone e pandoro. La frutta conclude l’abbondante pasto, in genere si mangiano arance, mandarini, pere e mele, fichidindia, “nespuli d’invernu”.
La tradizione vuole che nelle ore pomeridiane, alcuni componenti della famiglia con i bambini continuano a girare per la città a visitare i presepi. Alla fine della lunga nottata, soddisfatti e saziati da ogni leccornia, si fa rientro a casa dove si continua a giocare fino a tarda notte.
BUON NATALE A TUTTI!
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