«Federico!»
Il richiamo di Selena riecheggiò per le scale con la potenza di uno tsunami, ma al fratello arrivò come un eco lontana, confuso tra la musica trasmessa dalle radio cuffie, diventate un'appendice delle sue orecchie. Ra, il fedele meticcio accucciato ai suoi piedi drizzò le orecchie ed emise un lungo lamentoso mugolio. Bastet, la gatta, aprì un occhio e sdegnosamente tornò ad accoccolarsi di fianco al computer.
«Allora, ti decidi a scendere!» gridò nuovamente Selena.
Con un sospiro rassegnato Federico si tolse le cuffie, spense il computer e a malincuore si apprestò ad abbandonare l'abbaino-studio, ribattezzato dalla sorella la sua 'camera sepolcrale'. Selena, di due anni più giovane di Federico non aveva ancora l'età per la patente e lui le aveva promesso di accompagnarla al lago dove l'attendevano i suoi amici per un pic-nic. Una vera seccatura, ma lui sua sorella doveva assecondarla; aveva troppo bisogno di lei, per le versioni di latino e greco e, molto più sovente per prestiti a lungo termine. Poiché la paghetta settimanale era commisurata al rendimento scolastico, la sua era al limite della sopravvivenza, al contrario di quella della sorella, i cui risultati scolastici erano eccellenti. Dopo l'ultimo colloquio dei genitori con i suoi insegnanti era addirittura stata sospesa a tempo indeterminato. La loro ira funesta si era abbattuta sul suo capo quando erano stati informati non solo del suo scarsissimo rendimento ma anche delle sue numerose assenze ingiustificate. Era stato messo 'in quarantena' e con rammarico aveva dovuto interrompere le sue visite al museo egizio di Torino, dove era solito trascorrere le giornate in cui 'tagliava'. Era diventato amico del custode, che non gli faceva nemmeno più pagare il biglietto d'ingresso e col quale dissertava di mummie, papiri e faraoni durante la pausa pranzo. Essendo un egittologo in pensione, Federico aveva imparato molto dal custode che a sua volta era ben felice di condividere le sue conoscenze con quel ragazzo che praticamente pendeva dalle sue labbra. Non era cosa di tutti i giorni incontrare un giovane che mostrasse tanto entusiastico interesse per l'egittologia.
«Federico è tardi!» gridò la sorella inviperita.
«Arrivo, arrivo!» le rispose con una calma indisponente. Aveva già una mano sulla maniglia quando Bastet ,con un balzo, si accomodò attorno al suo collo a mo' di stola e Ra gli si infilò tra le gambe, precedendolo per le scale.
«Non mi dirai che vengono anche loro» disse Selena, spostando lo sguardo dal cane, che le ricambiò un'occhiata indifferente, alla gatta, che soffiò, lanciandole uno sguardo assassino.
«Sì» rispose Federico laconico.
«Ma i miei amici ... » protestò Selena; ma Federico la interruppe: «Vuoi andare a questo benedetto pic-nic o vuoi restare qui a discutere?»
«Certo che voglio andarci e tu hai promesso che mi avresti portata» gli ricordò.
«Infatti ti sto portando, come promesso.» Prese le chiavi dell'auto, caricò il minifrigo e lo zainetto della sorella nel bagagliaio. Ra si spalmò sul tappetino sotto il sedile posteriore, ma Bastet si rifiutò di abbandonare il collo di Federico.
«Se ci ferma la polizia, sai che multa che ci fa» brontolò Selena.
«Sta' tranquilla; conosco i poliziotti di pattuglia e tutti loro hanno già fatto conoscenza di Bastet e non ci tengono a ripetere l'esperienza.» Proseguirono in ilenzio, ascoltando il cd che sputava musica a tutto volume. Ignorando i limiti di velocità, arrivarono al lago in una quindicina di minuti. Nell'area attrezzata per i pic-nic gli amici di Selena sciamavano attorno al barbecue. Il loro arrivo fu salutato da grida gioiose, che si interruppero quando si accorsero della presenza degli animali, soprattutto di Bastet di cui tutti conoscevano la ritrosia a socializzare.
«Dovevi proprio portare anche loro?» domandò uno dei ragazzi, astioso.
«Loro vengono sempre con me; siamo inseparabili.» rispose Federico, rivolgendogli un'occhiata che avrebbe incenerito l'Araba Fenice. Per non essere da meno, Ra mise in mostra la sua gloriosa dentatura e Bastet si esibì in una soffiata da premio oscar. Brontolando, il ragazzo si allontanò e raggiunse il resto della compagnia. «Dì a tuo fratello di tenere a bada quelle bestiacce» sussurrò all'orecchio di Selena.
«Non è necessario, non si separano mai da lui» lo rassicurò. Ed era la verità. Ra lo accompagnava a scuola e puntualmente lo trovava ad attenderlo all'uscita. Nei giorni di 'fuga', complice silenzioso, lo accompagnava alla stazione. Saliva con lui sul treno e insieme trascorrevano la giornata in citta; Federico al museo egizio e Ra nei giardinetti circostanti o, se pioveva, nella guardiola del custode.
Convincere Bastet che non poteva oltrepassare il portone della scuola era stato più complicato e doloroso. Aveva generosamente distribuito morsi e graffi a chiunque si era avvicinato per allontanarla dalla sua postazione privilegiata. E l'aveva avuta vinta; il primo giorno di scuola l'aveva trascorso abbarbicata al collo di Federico. Il giorno successivo era stata chiusa a chiave nell'abbaino e tutto il vicinato era stato testimone delle sue rumorose proteste che erano proseguite per ore. Alla fine si era rassegnata alla nuova situazione. Bastet era diventata anche l'aiutante di Federico. Tornando dai suoi raid felini notturni gli portava topolini e piccoli roditori che a lui servivano per i suoi esperimenti di imbalsamazione. Al museo aveva trovato un manuale che spiegava i diversi metodi di imbalsamazione praticati dagli antichi egizi. Dando fondo alle sue magre risorse finanziarie si era procurato tutti gli 'ingredienti' e, durante le vacanze natalizie, si era rifugiato nel suo abbaino e aveva iniziato a lavorare sui piccoli cadaveri. Ma qualcosa non era andata per il verso giusto e i risultati non furono all'altezza delle sue aspettative. La stanza venne invasa da una puzza pestilenziale che si trasferì agli abiti e alla sua persona. Roxana, la domestica che due volte alla settimana veniva ad aiutare la mamma minacciò di andarsene su due piedi la mattina che, entrando nella camera per rassettare, trovò ben allineati sul tavolo i corpicini sventrati pronti per l'imbalsamazione. Dopo lunghe trattative, mamma e Roxana giunsero al compromesso che Roxana non avrebbe più dovuto rassettare la stanza di Federico. Inoltre, un paio di banconote in più entrarono nella busta del suo salario.
Ra corse verso l'acqua e si tuffò, provocando le proteste delle anatre e delle gallinelle. Bastet, al contrario, detestava l'acqua e rimase ancorata al suo collo quando li si sedette sulla riva. A federico non piaceva granché quel lago; di origine vulcanica sembrava un grosso catino. In realtà si era rivelato una vera miniera d'oro per gli archeologi che dal fondo melmoso avevano estratto resti di vasellame e monete risalenti ad epoche romane. Si diceva che sotto la superficie ci fosse addirittura un villaggio di palafitte. Ma tutto ciò lasciava Federico del tutto indifferrente. Ra emerse dall'acqua e si scosse l'acqua dal pelo, innaffiando sia Federico che Bastet che rizzò il pelo. Il profumo delle salamelle che cuocevano sulla griglia stimolò i succhi gastrici di Federico. Selena e i suoi amici avevano già preso posto sulle panche attorno al tavolo e non fecero caso a lui. Prese un paio di panini, vi infilò una salamella e si allontanò dalla rumorosa allegra brigata. Divise il cibo con Ra e Bastet mentre tornava all'auto dove recuperò il libro delle versioni di latino e il materiale per scrivere. Tra la prospettiva di trascorrere il pomeriggio a giocare a pallone o a carte e le versioni, scelse il male minore: le versioni. Si sarebbe portato avanti con lo studio; l'esame di maturità era ormai alle porte e lui doveva impegnarsi al massimo per guadagnare il premio promesso dai suoi genitori 'se avesse superato l'esame con un risultato decoroso'. Era l'aggettivo 'decoroso' che stata tra lui e il viaggio in Egitto e latino e greco erano uno scoglio non da poco. S' incamminò lungo il sentiero che portava in collina. Trovò una panchina, si sedette e aprì il libro. «Annibal Amilcaris filius ...» lesse ad alta voce; ma più proseguiva nella lettura, meno comprendeva il significato di quelle frasi astruse. Perché alla sua insegnante non importava che lui sapesse decifrare i geroglifici, conoscesse il significato delle iscrizioni nelle tombe dei faraoni, sapesse recitare a memoria i nomi dei faraoni appartenuti alle diverse dinastie ma era fissata con quelle storie di guerre e di conquiste di Giulio Cesare in Gallia -almeno quello l'aveva capito-. Una mera perdita di tempo; ma quella era la strada che lo avrebbe portato in Egitto, ne era tristemente consapevole.
«Ciao». Federico si voltò; la ragazza che aveva parlato si era seduta di fianco a lui e lo stava fissando con un sorriso birichino. «Sei in una proprietà privata, sai? E, per la precisione, nel mio giardino» Federico si guardò attorno confuso. «Scusa, non me n'ero accorto; me ne vado subito» rispose, alzandosi. Ma lei lo trattenne: «Aspetta, siediti dai. Io sono Giada e tu?» «Federico» «E questo bel micione come si chiama?» domandò, allungando un braccio per accarezzarlo. Federico la bloccò un attimo prima che le sue dita si posassero sulla testa di Bastet. «Non toccarla!» le intimò. «È piuttosto aggressiva con gli estranei e non le piace essere accarezzata» spiegò. Ma Bastet lo smentì allungando il muso verso la mano della ragazza e accettò di essere accarezzata sulla testa ed espresse tutto il suo gradimento per la grattatina sotto il mento ronfando profondamente. Federico non credeva ai suoi occhi. Giada scoppiò in una risata argentina. «Dovresti vedere la tua faccia! Allora come si chiama questo esemplare unico?» «Bastet» rispose Federico ancora incredulo. Da sotto la panchina emerse Ra a reclamare la sua dose di carezze. «E lui?» domandò Giada. «Lui è Ra.» «Accipicchia, l'antico Egitto deve intrigarti di brutto.» commentò Giada.
«Sì, un giorno diventerò un egittologo ... forse» disse Federico con un misto di orgoglio e incertezza.
«Cosa significa 'forse'; se lo vuoi veramente lo diventerai.» affermò Giada in tono serio.
«Certo che lo voglio veramente, ma...» Federico tacque imbarazzato.
«Forse... ma... Vuoi diventare un egittologo o no?» insistette Giada. Federico cominciava ad infastidirsi; Che cosa ne sapeva lei dei suoi problemi e con che diritto si permetteva di assillarlo in quel modo. «Forse perché non sono il candidato ideale per essere eletto lo studente dell'anno» rispose sarcastico. «Ma se mai dovessi miracolosamente superare la maturità decorosamente te lo farò sapere» concluse in tono sgarbato. Giada lo fissava seria, Federico, al contrario, sembrava interessatissimo alla punta delle sue scarpe. «Tocca anche a me, la maturità intendo. E greco scritto e latino orale non sono il massimo. Ma così è e non possiamo farci niente. Se ti va possiamo studiare insieme» azzardò. Come proposta era allettante; Giada era carina, simpatica, ma... No, non era ancora pronto a dividere il suo sancta santorum con un altro essere umano.
«È un'idea grandiosa, veramente, mi piacerebbe molto. Ma il fatto è che a casa c'è anche mia sorella che sovente invita le amiche e c'è un po' di confusione.» si giustificò. Gli occhi di Giada lo fissavano divertiti. «Se, dico se, questo è il problema la soluzione è semplice; vieni tu da me. Io non ho né fratelli né sorelle che rompono; solo la mia Tata che mi sorveglia come un feldmaresciallo. Ovviamente anche loro sono i benvenuti» concluse, regalando una carezza a Bastet e a Ra. Così era iniziata la loro storia e a questo stava pensando Federico durante il lungo discorso del sovrintendente del museo del Cairo. Mentre gli veniva consegnato il "The Pride of Egypt", un raggio di sole entrò dalla finestra della grande sala e lo colpì sul collo. Guardò Giada che applaudiva commossa e mormorò "Ra". Lei annuì e per un attimo vide Bastet avvolta attorno al collo del marito.
Maria Lacchio
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