É una giornata bellissima, quasi primaverile. L’aria è tiepida e il sole illumina la meravigliosa Valle del Belice. Tutto sembra perfetto. Sembra, perché la visita alla città fantasma incute non poca tristezza. Ci eravamo documentati, sapevamo ciò che ci aspettava e che avremmo visto. Ma vi assicuro che vedere con i propri occhi non è come un racconto, la storia in un certo senso la scriviamo noi, con il nostro cuore e con la nostra sensibilità.
Arrivati, inizia il nostro percorso lungo la strada del dolore, silenziosa e deserta. La piazza è larga, bella, ma già annuncia l’amara verità: tutto è rimasto immutato a quel famoso gennaio di 48 anni fa, quando un violentissimo terremoto scosse la terra nella Valle del Belice, - 400 morti e quattro centri abitati rasi al suolo - tra le province di Agrigento, Trapani e Palermo. Il comune maggiormente colpito fu Poggioreale, che dopo il terremoto venne abbandonato al suo destino, diventando una vera e propria città fantasma. Il paese antico da allora non esiste più, è rimasto un cumulo di macerie dove però si intuisce la vita di quelle genti. Le case sono sventrate, ma se guardi all’interno trovi ancora tracce di vita: reti e materassi, sedie rotte e segni inequivocabili di un trascorso di vita famigliare. Il cammino sul lungo viale, quasi una mistica processione in rigoroso silenzio, è intriso di pervicace nostalgia ed emana ancora il fascino di un tempo antico, ormai sepolto con le stesse macerie. Si sente vivo il contatto con la natura, l’aria è fresca e profumata di alberi ancora in fiore e di piante verdi, e il cielo sgombro dal cemento ha colori decisi, dai toni caldi, dorati e azzurri. Avverto una meravigliosa sensazione di libertà, e immagino di riconciliarmi con il vero senso della vita e con la stessa natura: buona e potente, gentile e distruttiva. Ma torniamo al paese scomparso con il terremoto.
Incontriamo un signore che ha superato la mezza età e la voglia di conoscenza cresce, anche se non siamo lì per un reportage ma per trascorrere un giorno di serenità immersi nel verde della natura dell’entroterra siciliano. Si mostra sin da subito disponibile al dialogo, ed inizia a raccontare la sua storia e anche quella del paese natio, Poggioreale, il più colpito dall'indimenticabile terremoto. Rivive con noi l'adolescenza felice, nella casa che ormai non c'è più, con la madre ed il padre. Ma a soli 17 anni tutti i sogni svaniscono… così come le case che guardava aprirsi e chiudersi a fisarmonica. La descrizione è precisa, tragica, è un ricordo ancora vivo che gli fa incrinare la voce e riempire gli occhi di lacrime. Nonostante tutto il dolore rinnovato, continua con dignità a narrare di sé e dei suoi cari familiari. Avevano costruito la loro bella casa, grande e comoda, aggiunge con evidente orgoglio, una casa di 150 mq, con l’orto, un bel terrazzo e un pianoterra con la stalla. Poi, un po’ mortificato (noi siamo gente di città), cerca di motivare il perché della stalla insieme all’abitazione. Ci spiega che era normale vivere con le pecore, le galline e altri animali, ci assicura che tutti nel paese vivevano con gli animali, alcuni addirittura dentro casa, in un sereno connubio familiare, e aggiunge: - altro che supermercati! – lasciando intendere che i prodotti consumati erano interamente frutto delle risorse agricole e degli stessi animali che gestivano quasi come gli stessi familiari.
La vita, in quel luogo surreale che sembra aver fermato il tempo e la storia, trascorreva serena, lì si conoscevano tutti, erano circa 5000 abitanti, oggi - aggiunge con mestizia - soltanto poco più di 1200. Ma quella tragica notte, raccontata ancora con un velo di commozione, tutto fatalmente si disgrega. E non solo le case, ma anche le tradizioni e la storia di un popolo semplice e agricolo venivano tragicamente interrotte. Poi, le solite storie, le usuali commistioni tra politici incompetenti e la volontà di non fare, o meglio di fare ciò che conviene… Un nuovo paese, nuove case e molte speculazioni: insomma il paese antico (ormai è così definito), non sarà mai più recuperato, le promesse resteranno solo parole al vento, senza mai una fine che non sia l’odierna immobilità, l’abbandono e il silenzio della morte che si sente nel cuore. Chi è rimasto è stato spostato al paese nuovo, ma non è la stessa cosa!, - ci assicura. É solo in quei luoghi, lungo quel viale squarciato dal dolore, di pietre detriti e fango; di sogni infranti... di profumi e di colori perduti, che riconosce la sua terra, la sua Poggioreale.
La documentazione fotografica vi racconterà forse più delle mie parole la storia di Poggioreale, quel lontano 1968, e un piccolo paese ancora ricco di storia, nonostante il vuoto delle sue macerie.
Marina De Luca
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