"Non condivido le tue idee, ma darei la vita affinché tu le possa esprimere" scriveva Voltaire. Una frase che, in tutta la sua bellezza e drammaticità, riassume l’accaduto contro Charlie Hebdo. Giorni terribili hanno visto l‘alba parigina, una città sotto assedio, in ginocchio. Perché? Ecco il doloroso quesito. In nome della Libertà, in particolare la libertà di espressione, è la risposta più emozionante che ogni sensibilità e ogni intelligenza sente di riscattare.
Tutto il mondo ha abbracciato la causa e reso omaggio alle vittime dell'attentato commesso contro la redazione del settimanale satirico parigino. La satira, la libera espressione di pensiero, concetti per noi occidentali acquisiti e naturali, sono diventati obbiettivi da distruggere, senza se senza ma e senza pietà. Alla base dell’attentato la religione, questa eterna lotta senza senso, per chi ritiene il culto della preghiera rivelazione sentimentale di amore. I cristiani eterni nemici, con i loro crocifissi che mostrano Cadaverini, per un Islam irrispettoso che pretende però rispetto, che esige di entrare nella nostra cultura religiosa, perfino nelle scuole! Che vuole le Moschee – in Italia sono già cinque – per lo svolgimento dei riti; che impone il burqa o il velo se entri nei loro territori e lo mantiene sulle donne islamiche che vivono nel nostro Paese, ignorando del tutto la cultura occidentale e perfino le deboli leggi della Nazione. Nel dibattito e nel contrasto delle idee, ogni interlocutore sostenendo le proprie dovrebbe implicitamente affermare la libertà dei suoi contradditori. É bene però sottolineare che chi ha agito appartiene a gruppi terroristici dai quali le stesse comunità islamiche hanno preso le distanze. Ma è altresì necessario chiedersi se la troppa tolleranza sia stata fraintesa e letta come segno di assoluta debolezza. Soltanto oggi ci sentiamo tutti Charlie! Non ci sono parole abbastanza forti per esprimere il dolore, la tristezza e l'indignazione che stiamo provando, allo stesso modo dei colleghi giornalisti e dei familiari delle vittime. Perché quest’inaudito attentato ha l’unico merito di avere risvegliato le acquiescenti coscienze, ci ha rammentato quanto sia necessario lottare ogni giorno, con la matita o il computer, figlio di questi tempi, per difendere la libertà di espressione e la libertà di stampa, fondamenti della democrazia e dello Stato di diritto. Non sappiamo, e forse non sapremo mai, le vere ragioni di questa operazione professionistica contro Charlie Hebdo. La sola satira appare a noi occidentali motivazione insufficiente, ma forse non lo è per un mondo a noi estraneo, per una cultura integralista totalmente diversa dalla nostra decisamente liberale, e per i terroristi educati ad uccidere e felici di morire per un ideale, magari costruito, come un film o un videogames. Tuttavia dovremmo fare attenzione a non perdere il controllo, e faremmo meglio a considerare tutte le possibili ipotesi, nessuna esclusa. Riflettere sullo scopo più probabile che potrebbe essere finalizzato a dividerci o ad innescare una terza guerra mondiale, una guerra quasi attesa, con le pretese di una guerra Santa.
Concludo il mio cordoglio rivolgendo un pensiero ai Giornalisti, spesso non compresi. Essi esercitano la libertà di pensiero, elaborano, meditano e approfondiscono prima di manifestare le loro idee al servizio della collettività. Il giornalista è un professionista che talvolta muore semplicemente perché svolge il suo lavoro, perché una missione lo richiede. E lo sa, ne è ben consapevole, perché la civiltà si misura dal grado in cui il pensiero può esprimersi liberamente con maturità e senso di responsabilità. Nessuna costituzione politica regola sic et simpliciter la libertà di pensiero; la norma riguarda, semmai, la libera manifestazione del pensiero.
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