A soli tre giorni dalla nomina tanto attesa, e che potrebbe influenzare la stabilità del mondo intero, solo qualche considerazione.
Mentre in Italia si consumano le energie dei partiti per il Referendum costituzionale, in America ben altre forze influenzano, a quanto sembra dagli ultimi sondaggi sul filo di lana, l’elezione del futuro Presidente. Gli show della campagna elettorale hanno messo in crisi, per la verità, il mito di una nazione forte, ricca, e soprattutto coesa. Personalmente, ma è un’idea diffusa, ho sempre guardato all’America come ad uno stato avanti di un ventennio, come al faro dell’indipendenza, inno di tutte le libertà e delle più svariate democrazie; da rispettare per la sua importante storia. Una nazione dall'economia florida e un reale simbolo di innovazione a tutto campo: musa ispiratrice dei cittadini del mondo per realizzare se stessi in modo completo, soprattutto sul piano economico. Ma ora non mi pare più di avvertire lo stesso climax. Possiamo affermare che fino ad un decennio addietro gli Stati Uniti erano considerati un modello per tutto il pianeta, ma in questa particolare campagna elettorale si sta assistendo allo sgretolamento sistematico dell’immagine degli USA ben oltre di quanto possa effettivamente definirsi fisiologico in una diatriba politica, dove per vincere si usano parole come lame di coltello. Donald Trump, senza peli sulla lingua, ha, infatti, denunciato tutti i mali della società statunitense che finora erano rimasti ben celati. Tutto ciò ha offuscato il mito dell’America del sogno, della libertà, della conquista, riportandola ad un livello globale di problemi e malessere diffuso nel tessuto sociale; e nel contempo ha spezzato la certezza-speranza dell’alleato forte, che proteggeva la suddita e lontana Italia con la sola autorevolezza. Gli ideali sembrano essersi infranti; questo in realtà crea un certo turbamento, anche se a ben rifletterci solo in parte, perché i motivi di questa crisi sono ben evidenti. La contrapposizione con la Russia di Putin; la gestione della politica mediorientale; l’espandersi del terrorismo islamico del Daesh nei paesi dell’area siro-irachena; sono ragioni che hanno fatto emergere i molteplici errori di gestione della politica mondiale degli USA, equiparandola agli altri paesi del mondo, fragili nelle politiche interne e nelle finanze. Per tale ragione, l’America oggi ci appare come uno stato confuso, con le stesse crisi di identità politiche e non solo che accomunano gli altri stati, e la globalità dei cittadini del mondo. E ciò che sembrava quasi scontato, cioè la vittoria di Hillary Clinton, che persegue politiche democratiche, oggi non lo è più. E’ stata sufficiente la robusta denuncia di Trump, che si accompagna alle idee protezionistiche dei repubblicani negli anni Venti, a risvegliare le coscienze e gli entusiasmi sopiti dei conservatori over 55. Nel suo programma elettorale si legge: “L’America ha bisogno di un piano audace, semplice e realizzabile in base a principi economici conservatori”. E dunque, sarà ancora la democrazia che prevarrà sull'idea di una politica più rigorosa e vecchio stampo? La crisi che ha investito l'ultimo decennio impone un legittimo dubbio sul risultato che non appare più così scontato, e che in realtà si giocherà, a quanto sembra fino ad oggi, su pochissimi numeri.
Ritornando al nostro martoriato stato e alle questioni di "casa nostra", è d’uopo chiedersi: quale influenza potrebbe avere sul nostro paese l'eventuale vittoria del conservatore repubblicano Trump piuttosto che la più conosciuta politica democratica della Clinton? E queste elezioni avranno effetti sul Si o sul No del nostro già tanto dibattutto Referendum costituzionale? Lo sapremo presto.
Marina De Luca
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