Carissimi amici di Palermomania.it, voglio condividere con voi un’emozione che mi appartiene da molti anni e che non mi abbandonerà mai. Ritengo giusto farvene dono perché ormai siamo amici da tempo e perché quest’esperienza di vita ha influenzato forse parte della mia personalità e sensibilità, e la mia inclinazione all’approfondimento degli aspetti umani e dell’anima, all’introspezione e alla ricerca dell’infinito. Non vi preoccupate: sono normale! Forse, un po' sensibile...
Questo piccolo omaggio è rivolto anche all’Amico del cuore e al Poeta Bruno Vilar. Inizialmente chiacchIerato per la sua più importante scelta di vita, che molti non apprezzarono: il matrimonio con l’attrice Paola Borboni dalla quale lo separavano molti anni, circa quaranta, probabilmente solo anagrafici. Bruno Vilar e Paola Borboni erano uniti nell’intendere i sentimenti e l’amore, così come lui li interpretava, di certo in modo singolare e poco chiaro a noi comuni mortali. Il loro, era, infatti, un rapporto esclusivamente spirituale. Bruno Vilar era indubbiamente un bell’uomo: aveva occhi color azzurro-cielo, una figura alta ed elegante, voce profonda e sguardo intenso. Pur avendo un carattere oscuro e ombroso, riusciva tuttavia a essere dolce e umano. Quando ci parlava con la sua profonda voce, sembrava ci accarezzasse. Conservo come una reliquia il libro di poesie “Quando la notte è poesia” che mi donò con dedica, e le registrazioni delle poesie da Lui recitate nelle audiocassette. Ne ho davvero un patrimonio!
Conobbi Bruno Vilar, tra il ’77 e il ’78 in una famosa radio ubicata alle porte di Palermo. Era il periodo in cui era esplosa la moda delle radio libere in tutta Italia. Si potrebbero paragonare al social network di oggi, ma solo come risonanza, non per "contenuti". La radio, se non ricordo male, si chiamava Radio City; La sua trasmissione “Quando la notte è poesia”, da cui prese il nome il libro realizzato con le poesie dei radioascoltatori.
Bruno Vilar era un vero Signore, un uomo d’altri tempi, e sembrava abbracciato unicamente alla Poesia. Recitava con estrema intensità, e ogni verso era un omaggio, un sorriso al mondo. Ne era appagato pur nella sua malinconia di fondo. Ricordo, come fosse ora, la sua bellissima voce: calda, profonda e vibrante nell’etere! E da quell'etere, ci raggiungevano i versi delle sue meravigliose poesie: “E io ti amo; Lasciami entrare nei tuoi capelli; Perché tu possa sentire il mio amore”. Non ho mai più sentito recitazione di pari valore nemmeno fra i più grandi! Recitava anche: Prévert, F. G. Lorca, di Charles Baudelaire, Pablo Neruda, ecc. Mi vengono nella mente - I Versi più tristi - di Neruda, e, la lettura dei - Sonetti d’amore - di Shakespeare. Naturalmente tutto ciò era accompagnato dalla magia della musica, mai scelta a caso, ma, adeguata all'atto recitativo. L'Adagio di Albinoni, Smile, Mozart, Grieg, Chopin, ma anche più attuale come: "Pregherò" di Celentano, utilizzata come sottofondo della poesia “La Preghiera del Sacerdote la Domenica sera” di Michel Quoist. Sentivo il rimprovero di Dio, dalla voce tuonante di Bruno, come se fosse stato presente, in mezzo a noi. Era solo una "voce" che proveniva da un minuscolo altoparlante, di una radiolina poggiata sul comodino, che in realtà mi faceva provare fortissime emozioni, per quel “piccolo Prete"! Una serata alla radio terminava sempre con la lettura delle poesie dei radioascoltatori della notte, e le nostre numerose telefonate di complimenti. Bruno recitava le nostre poesie, con la stessa passione ed intensità di quelle "titolate", aggiustandole nei toni e nei termini, rendendole belle e intense di significato. Ci aveva conquistati nello spirito, e posso dire con estrema certezza che tutti l'abbiamo amato. In quel periodo siamo stati trasportati da un sentimento unico e forte: l'amore per la poesia, scoprendoci "poeti" per una sola notte!
Avevo diciotto anni! Ero felice di vivere, innamorata della vita, pervasa di speranza, dolcezza e giovinezza, seppure di intenso sentire, e le mie mani, e il mio cuore si scoprirono congiunti nell’amore ...
Grazie Bruno, anche se dopo molti anni! Sei stato un Grande Poeta, un tenero Amico, un uomo la cui sensibilità ha lasciato profonda traccia nella mia vita.
Marina De Luca
UN POETA: BRUNO VILAR
Il 28 giugno 1978, aveva 36 anni 3 mesi e 25 giorni quando, forse per un colpo di sonno, l'auto su cui viaggiavano lui, Bruno Vilar e sua moglie Paola Borboni, rubò la vita a lui e rese invalida la donna che gli aveva ispirato i più bei versi d'amore:
«Nei tuoi occhi
- come allora -
biancheggia la luna
ma non sono più gli stessi.
Quante notti
sotto questo cielo infinito
ho stretto la tua anima selvaggia»
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Si erano incontrati «per l'infinito spazio del cuore», lei sola con i personaggi che l'avevano resa celebre, lui, un Uomo complesso, difficile, introverso, oscuro, inafferrabile; ma capace di caricare i suoi versi di una forza intensa, «a volte, angosciosamente sofferta», in cui i rapporti si mitizzano come espressioni bibliche. I rapporti con l'amore, con le persone care, si caricano di suggestioni religiose in cui la pregnanza poetica si eleva a vera preghiera, mentre dalla musica dei versi si leva il grido angoscioso di un Uomo che chiede solo amore, che vuole donare amore. Durante questo processo interiore, il cui discorso è rigorosamente mantenuto sotto il controllo stilistico e la coscienza si apre alla realtà, incontrò la donna che lo avrebbe capito, compreso, amato come Lui voleva essere amato; come Lui intendeva l'amore: nuovo e vero ogni giorno «per non morire inutilmente».
Noi lo ricordiamo a Radio Anna, dai cui microfoni, oltre alle poesie, donava tutto se stesso; (anche se oggi c’è qualcuno che sbandiera di aver inventato la poesia alla radio), aveva una parola d'amore per tutti, una parola di sollievo per tutti i sofferenti, una parola di amicizia per tutte le persone sole. Era sempre disponibile, in ogni ora del giorno. Negli ultimi tempi della Sua vita terrena, aveva preso l'abitudine di incontrare i suoi ascoltatori (era il momento del boom delle radio libere), almeno due volte al mese, organizzando simposi durante i quali si facevano conoscenze, e persone sole, per merito Suo, non lo erano più. La parte più bella di quest'Uomo, era proprio chiusa in questo Suo atteggiamento.
«Era tempo di guerra il 3 marzo 1942 allora nascevo a Gravellona Toce in provincia di Novara...»
La pregnanza poetica dei versi di Bruno Vilar, anche se ricorda quella religiosità mediterranea delle poesie di Alvaro è molto più vicina nella forma - versi smozzati, tagliati e pungenti - a Federico Garcia Lorca con il quale si sente un’unione spirituale, non solo, ma anche la comunione della esaltazione panica: la paura della morte.
Fonte dell'ispirazione è l'amore; quell'amore che Lui sentiva urgergli dentro, con tutta la forza accumulata dall'esperienza. Un’esperienza carica di umanità, e perché era autodidatta e per l'attività di attore e per quella di conduttore di colloqui con gli uomini, attraverso i microfoni.
Hanno detto di Lui, Davide Lojola: «...è Poeta che ha il cuore pieno di sentimenti e di aspirazioni, li scrive in poesia come se gli bruciassero sulle labbra»; Vittorio G. Rossi: «se la poesia non arriva ai bambini, non è poesia. Ho letto con molto piacere i suoi versi giovani e lisci, senza giochi di parole come s'usa fare adesso». Mentre il francese Jean Pierre Jouvet, scriveva compiaciuto: «L'Estate brucia la malinconia (la seconda opera di Bruno Vilar) è una lirica che non concede nulla al compiacimento: severa, talvolta persino spietata, al di là della sua raffinata seduzione». Queste poche righe di critica nei confronti della poesia di Bruno Vilar ci dicono che essa è veramente - come afferma Giuseppe Piccoli - «alla portata delle piazze, delle strade, dei negozi. E' poesia che tocca i problemi umani senza retorica, senza polemica, egli scrive le sue poesie come epistole senza destinatario, cronaca del rendiconto, informazione di emozioni e di ispirazioni, sorvegliato documento della vita dei miseri, dei solitari; pieno di quel riguardo e di quella pietà per la vita».
«Grazie Bruno, di essere stato, di averci lasciato un tesoro immenso».
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E IO TI AMO
Quante sere ti amo senza saperlo
sento le tue mani di carezza
gli occhi segreti
il profumo del corpo che cerco
avvicinarsi come l'onda smisurata
di un mare senza rotta.
lo sono come una sabbia sola nella notte infinita
un nido di febbre con frecce di fuoco
II ricordo di te mi accende il sangue
mi ruba la pace fino a urlare
E io ti amo
Come un bambino piango senza sonno
La tua libertà ha un segreto
verrai anche tu a piangere con me
Annullàti nel nulla di una fame trasparente
Perseguitati dal bisogno d'immense braccia
- idioti e falsi -
nascondiamo ulcere che il sole combatte
Quando viene la sera ti amo senza saperlo
un amore segreto che si stacca dagli occhi
e gira nel buio della luna
Ti vedo
ti sento come la pioggia
entrare nella sabbia infinita
e il ricordo di te mi accende il sangue
mi ruba la pace fino a urlare
E IO TI AMO!
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LASCIAMI ENTRARE NEI TUOI CAPELLI
Lasciami entrare nei tuoi capelli e prendere spazio dei tuoi pensieri,
solo così il mio vivere di bimbo, sopravviverà il passaggio del tunnel
l’ansia di un lento e faticoso cammino.
Questo corpo selvaggio cresciuto nell’offerta,
crede nel silenzio combattuto dall’amore,
nell’anima sottile di una vita che nasce.
La mia voce piena di vento trasparente,
fecondata da labbra spaccate e numerose
a volte si innamora di tristezza
e allontana sempre più la distanza dagli altri.
Lasciami entrare nei tuoi capelli, dormirò il tacito profumo delle radici
qualcosa vicino all’orizzonte della vita.
I tuoi pensieri aperti come un incontro sono il lungo viaggio di un grido di gioia
Si è vero, mi innamoro di tristezza ed allontano sempre più la distanza dagli altri.
Mi piace il sole che non si lascia toccare, così presente, lontano,
sorride di fuoco e la sua voce a ventaglio morde la pelle;
ma ti prego per l’anima sottile,
lasciami entrare vagabondo nei tuoi capelli e raggomitolarmi nei tuoi pensieri,
perché solo così il mio vivere di bimbo sopravviverà a tormenti di uomo.
Bruno Vilar
Bruno Vilar (da POESIE – Edizione Il Conventino – Bergamo 1977)
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