Si sono svolte le commemorazioni in onore dei Signori Giudici Falcone e Borsellino e di tutti gli altri Servitori dello Stato che con loro si sacrificarono. Dovrei essere felice: il ricordo è ancora vivo, quindi ancora si onorano solennemente. Invece, sono oppresso da indicibile tristezza. Vedo partire e arrivare la Nave della Legalità, riconosco le migliori intenzioni degli organizzatori, eppure sono triste. Vedo e sento il vescovo di Agrigento cantare "Chi non salta con me, mafioso è", riconosco le più nobili intenzioni, eppure sono triste. Forse, un bagliore: non riesco, perché non voglio, dimenticare il contesto nel quale quegli omicidi maturarono e furono commessi. E non ho più la forza di gridare tutto lo sdegno che ancora mi attanaglia. Penso all’Addaura, alle menti raffinatissime, al conto - diecimila lire al giorno per la foresteria, in più i pasti – che i Magistrati furono costretti a pagare a quello stesso Stato che stavano tutelando con la consapevolezza di potere morire. Penso a Leonardo Sciascia e a Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Cogito, cogito, cogito. Ma, purtroppo, ergo non sum. Non più in condizione di reagire, di essere positivo, di continuare a lottare. Ecco, forse non ho imparato la lezione dei Signori Giudici: compiere il proprio dovere anche se il sistema non lo merita. Per questa ragione, ho rinunciato alla guerra: alla fine, è il sistema stesso che vince. E mi vergogno di ammetterlo, mi sento responsabile. Perché se vince, la colpa è di chi, come me, si è arreso. Spero solo che sia un attimo di umana debolezza, anche gli alberi di grosso fusto si piegano sotto l’imperversare di una tempesta, di un uragano. Spero di ritrovare la forza interiore per combattere fino all’ultimo giorno, con onore e dignità. Spero ergo sum. A volte, è proprio il silenzio che salva dal baratro della disperazione.
Un lettore
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Gentile lettore di Palermomania.it, ho deciso di raccogliere questo bellissimo e struggente sfogo, arrivato in redazione stasera, e di pubblicarlo.
Le rappresenterò un aspetto diverso di questo immane sacrificio che voglio definire gioia, in contrapposizione alla sua intensa tristezza.
Questa mattina, oramai ieri, il nostro porto ha accolto una nave stracolma di legalità. Sono giunti oltre 1.500 fra studenti e docenti per commemorare il XXII anniversario delle stragi di Capaci e di Via D’Amelio. Ogni anno rivive una forte commozione, in una grande città in festa, che unisce l’Italia della cultura e della giustizia: da nord a sud! Le nostre vittime, e non solo i coraggiosi Magistrati anche gli Uomini della scorta, tutti al servizio dello Stato, ogni anno svolgono quel ruolo aggregante che i nostri politici non hanno saputo accendere. Impegni di lavoro hanno impedito una mia più intensa partecipazione, ma non nascondo che in qualche momento il mio pensiero ha desiderato i luoghi e il corteo dei giovani dislocato sui vari assi della città. Un cielo plumbeo ha accolto la nave (solo ieri c’era un magnifico sole), e abbondanti lacrime di pioggia sono cadute. Un caso? Non saprei... Poi però è spuntato il sole; il cielo ha di nuovo sorriso, e so che quel cielo divenuto improvvisamente azzurro e dorato ha accarezzato la gioia di un sacrificio che non è caduto invano. Posso dirle, triste lettore, che questa strage non è stata inutile, ha scosso le coscienze attraverso il fragore del suo inenarrabile disastro. Palermo è cambiata, e anche buona parte dei Palermitani, dopo quei terribili giorni ... E fra i giovani, il sentimento della legalità è finalmente vivo e sentito. I nostri eroi si sono immolati perfettamente consapevoli delle possibili conseguenze, sapevano di morire e lo avevano accettato: un inno alla Giustizia, non certo per diventare eroi! Il loro credo è stato tramandato attraverso i fiumi di sangue versati, e oggi so che è presente nell’intelligenza e nei sentimenti di chi, ogni anno, celebra il loro ricordo con una preghiera, con un semplice grazie, con un fiore, con un bigliettino, con un sorriso rivolto al cielo, con una buona azione... E tutto ciò avviene senza tristezza; bensì con la gioia della vittoria. Abbiamo vinto! Perché giorno dopo giorno il dolore sta sconfiggendo la barbarie di una mentalità becera e senza futuro. "Contano le azioni! E per quelle saremo giudicati". Il nostro futuro non potrà che avere il sorriso pulito di una città in rinascita attraverso la cultura della legalità. Palermo non è morta, nonostante altre e ben note disfunzioni, è viva più che mai! E i palermitani … sono si terroni, ma lottano fieri e forti con il sole negli occhi e l’orgoglio nel cuore. E tanto ci deve bastare per non essere mai più tristi.
Marina De Luca
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