La musica può essere davvero la lingua comune per far parlare i popoli tra di loro, per comunicare: l’unico timore è che eventuali sordità impediscano di sentire, ascoltare. Il 21 marzo 2016, il giorno prima dei fatti di Bruxelles, quasi in premonizione ho ascoltato il meraviglioso dialogo di cui vado a raccontare.
TRA ARMENIA E ISLAM – Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino
Coro e Orchestra dell’Accademia Stefano Tempia
Coro Maschile “La Rupe” di Quincinetto
Guido Maria Guida direttore
Dario Tabbia, Domenico Monetta, maestri dei cori
Massimo Marin violino
Maurizio Redegoso Kharitian viola
Dario Destefano violoncello
Francesca Rotondo soprano
Alejandro Escobar tenore
Devis Longo baritono
Padre Komitas (1869 –1935)
Canti nuziali Harsanekan:
– Mer takvorin Inch Piti
– Katzek Berek Takvormer
– Mer Takvorn er Hach
– En Tizan
Ob inch katsen ban (Che cosa dolce)
Giulio Castagnoli (1958)
Triplo Concerto “dalla cruna del mondo” per violino, viola e violoncello (2015/16)
Brano ispirato a tematiche musicali armene, ebraiche e islamiche
Luis-Étienne-Ernest Reyer (1823-1909)
Le Sélam, Symphonie orientale per soli, coro e orchestra (1850)
Revisione e trascrizione di Francesco Cavaliere
Suoni prolungati da basso continuo ed evocazioni d’organo segnano l’inizio del concerto che strada facendo andrà a collocarsi tra uno dei più gradevoli momenti di ascolto musicale.
Il Maestro Guido Maria Guida è continuamente alla ricerca di musiche e canti pressoché sconosciuti o poco frequentati ed in questa anteprima, riesce con gesto ampio e chiaro ad assemblare diverse realtà musicali in un unicum di sonorità emozionali di particolare lucentezza.
Padre Komitas, ritenuto il padre della moderna musica armena, è l’autore dei canti nuziali proposti: l’alternanza tra i suoni gravi che segnano un pesante vissuto e i toni più allegri (“ah, ah, ah” nel canto) connotano l’ambientazione popolare. La musica è allegra, vivace e brillante con qualche accento vigoroso. Poi il Trio Archè propone l’Alleluia di Giulio Castagnoli classe 1958, fruibile ed accattivante con sfumature elegiache ed al tempo stesso descrittive con qualche positiva presunzione di incursione in un futuro romantico dal ricordo vivaldiano ed inaspettati trionfalismi ottocenteschi (in prima esecuzione assoluta). Viene il tempo del ‘Canto della notte’ e la percezione della luna che avvolge un paesaggio illuminato da suoni e voci lontane assume i contorni dei canti e delle danze contadine: le dissonanze degli archi sottolineano il lamento musicale che racconta quelle terre ed il loro vissuto e tra pizzicati e ciarde si arriva ai ‘Canti di un nuovo giorno’ che forse per assonanza con il titolo, forse per il senso di gioiosa attesa e trionfi, il pensiero corre al Nuovo mondo di Dvorak: improvvisi ‘levarsi’ improvvisi ‘troncamenti’.
La seconda parte vede il canto solista, protagonista insieme all’orchestra ed ai cori ben diretti da Dario Tabbia e Domenico Monetta. La musica di Luie Etienne Ernest Reyer è descrittiva e chiari risaltano i furori della battaglia ed i bucolici paesaggi, segnati gli accenti trionfalistici e solennemente celebrativi i passaggi ad una dolce introspezione. Alejandro Escobar espone un bel timbro baritonale che riempie la sala e le attese ;il profumo d’oriente viene esaltato dalla sua voce in un crescendo timbrico, si aggiunge al coro che crea un’atmosfera tangibile seppur con echi lontani. Segue il baritono Devis Longo che offre un bel colore ed una timbrica arrotondata sapientemente modulata con significativa partecipazione.
Tamburi battenti e ritmi incalzanti introducono la strega interpretata, con voce potente dai riflessi cristallini, da Francesca Rotondo: è veramente un momento di forte coinvolgimento emotivo accentuato dalla potente voce che ricrea atmosfere ancora una volta alla Dvorak, ripensando alla Jezibaba della Rusalka.
Ottimo pomeriggio!
La Musica vince sempre.
Renzo Bellardone
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