Cara mamma,
non so nemmeno perchè ti scrivo sul web, anche perchè tu a stento ti sei piegata al cellulare figuriamoci il computer e forse è meglio così, lontani dalla sfera del virtuale, dove le emozioni si nascondono oppure escono troppo violente. Sono passati tanti anni da quando nonno è morto, tu sei cambiata, hai perso il sorriso e anche casa non è stata più la stessa, l'odore delle prelibatezze che preparavi, la tavola colorata, i tuoi amici che non saltavano una domenica...erano i tempi del liceo, mamma mia, che età tremenda e meravigliosa, tutte le sensazioni si amplificano e ti senti in grado di tenere il mondo in pugno e l'attimo dopo vorresti morire...tempi speciali che non tornano più e che dovremmo imparare a vivere profondamente o forse no, va bene così, l'uomo si lamenta sempre, è nella sua natura, se è giovane vuole invecchiare, se sta incanutendo si appiccica alla gonnella di qualche ragazzina, per soffiarsi in bocca un pò di vitalità. Avevo sogni a palate allora, poesie, canzoni di lotta, mi sentivo forte e quando sono arrivata a Palermo sognavo una vita al top, famoso architetto, felicemente sposata e vissero felici e contenti...ma la vita non è un libro e l'università non è il liceo, parrucconi, raccomandati, lecchini, gomitate a destra e a manca e io? Io che sono una sognatrice ho preso un pezzo di carta senza manco festeggiare, senza dirlo a nessuno,nemmeno a te, che ci tenevi troppo, perchè ancora una volta i tuoi sogni non erano i miei e se ti avevo regalato una liceale brillante e cinque anni di gabbia, non potevo darti una grigia impiegata in un lugubre ufficio tecnico o incatenata in qualche studio, a fare la fame, guardando fuori dalla finestra... Ho amato, niente marito perfetto, niente medici o ingegneri, non sono nemmeno stata ricambiata e il mio cuore è morto un pochettino, ma ormai non fa quasi più male... ...poi è bastato un incontro a cambiarmi la vita, un magico, piccolo folletto con il tamburo e i suoi quarant'anni portati in spalla come un fucile, il mio amico di sempre, il mio maestro, per indicarmi una via difficile, dove il patto è restare bambini, ma col cuore gonfio di pena...pena per le cataste di bollette non pagate,per chi ci ama e ci vede sul palco,ci aspetta per ore e non ci sente mai suoi, per una pensione che non avremo mai, per i musicisti senza passione, buoni a chiedere soldi e a non dare mai il cuore...tante cose sono successe, ho incontrato gente meravigliosa, ho visto tanti posti...Valeriona dea della terra,il sorriso di Daniela, Loredana, Silvano, i Bifolk, il grandioso Moschitti, il mitico Nicola, Luca che ti parla di Rosa, sua madre, con le lacrime agli occhi...la testa appoggiata al finestrino, quattro risate, i muffin dell'autogrill e la gente che dopo i concerti ti abbraccia e ti ringrazia, perchè l'arte è catartica, perchè per un momento nessun dolore...mamma, questa è la mia vita,questo il mio grande amore...non posso cambiare, di questo vive e si alimenta il mio cuore, senza sarei morta, avrò altre guerre da combattere e treni da prendere, chilometri da macinare, canzoni da cantare e voglio farlo con un tuo sorriso, ti voglio bene!
Francesca Amato
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