Era questo il soprannome che gli avevo dato: ruote in aria o all’aria. Perché la foga di guida lo portava quasi sempre ad affrontare le curve con una o due ruote che non toccavano la strada. Con la mitica GTA Alfa Romeo era capace di tutto. La sua palestra preferita, il circuito romano di Vallelunga. Su quel tracciato non c’era nulla da fare per gli avversari, anche se guidavano vetture più potenti. Il settimanale Autosprint, imperdibile per noi appassionati, pubblicava sue foto a getto continuo, mentre volava.
Giunti nasce a Roma il 30 agosto 1941, la sua famiglia era ricca e aristocratica. Comincia a correre con la Giulietta TI Alfa Romeo negli anni ’60. È subito notato dal famoso preparatore Angelini, che gli affida una GTA per conto del Jolly Club. Grazie ai successi ottenuti, entra nella squadra Autodelta e vince, nel 1967, il Campionato europeo Turismo della Montagna. L’Alfa Romeo inizia la produzione della T33. Ignazio corre quasi sempre con Nanni Galli. Formano la coppia nota come i gemelli dell’automobilismo italiano. Risultati di assoluto rilievo in Targa Florio, al Nurburgring, alla 24 ore di Le Mans e in altre prestigiose e difficili gare in tutto il mondo destano l’attenzione di Enzo Ferrari, che lo chiama a Maranello nel 1970. In quegli anni, correre e vincere nel Campionato del Mondo Marche con le Sport Prototipo era quasi più importante che partecipare e vincere in Formula Uno. Con Nino Vaccarella e Mario Andretti trionfa, al volante della potentissima 512S, alla 12 ore di Sebring e alla 9 ore di Kyalami con Jacky Ickx. Queste vittorie, unitamente a onorevolissimi piazzamenti in Targa e altre classiche, gli aprono la strada per la Formula Uno. Si distingue sempre per la tecnica di guida e diventa un beniamino dei tifosi. 10 gennaio 1971: Buenos Aires, 1000 chilometri di Argentina al volante della Ferrari 312P. Il pilota francese Jean-Pierre Beltoise, con una manovra da autentico irresponsabile spinge in direzione dei box la sua Matra-Simca rimasta senza benzina. Manovra pericolosissima che non tarda a provocare la tragedia. Mike Parkes, con la Ferrari 512M, riesce a evitare la Matra, Giunti no. Muore un vero talento, lacrime sincere e irrefrenabili rigano le guance dei tifosi di tutto il mondo. Tra l’altro, perde la vita anche un fotografo che cade dal muretto dei box nel tentativo di vedere meglio e riprendere le fasi del disastro.
Ancora adesso, mentre scrivo, il volto sorridente di Ignazio mi provoca un dolore sincero e lancinante. Giunti non era solo un asso, ma un giovane amabile e cordiale, sempre allegro. Un problema mi angustiava, da ragazzino: ottenere l’autografo di un bravo ma scorbutico pilota, in due occasioni si era rifiutato di firmare. Avevo una sorta di pergamena, che partiva per i circuiti ancor prima di me. Su quel rotolo di carta, tutti gli autografi dei conduttori, ottenuti ai box di Cerda, di Pergusa, di Siracusa, delle più celebri cronoscalate siciliane e calabresi. I campioni di quel periodo erano anzitutto gentiluomini, ma le eccezioni sono sempre esistite. Di firma, me ne mancava una e alla Targa del 1969 raccontai tutto a Ignazio, con il quale avevo già parlato alcune volte. “Vieni con me, ora lo sistemo io”: questo il suo commento, accompagnato da un largo e rassicurante sorriso. Si avvicinò al collega, gli piazzò sulla spalla una pacca da abbattere un bue e senza esitazioni: “Firma!”. Subito dopo lo abbracciai. Di lui ho tanti ricordi, ma questo lo sogno più spesso.
Limitando l’attenzione alla Targa Florio, Giunti avrebbe meritato in almeno due occasioni di vincerla, non sempre la fortuna aiuta gli audaci. Nel 1970 scrisse la pagina più bella. Guidava, con Nino Vaccarella, un vero missile: la Ferrari 512S. Adatta, però, per circuiti veloci, non per le centinaia di curve madonite. Era ingombrante, pesante, poco maneggevole. Aveva, soprattutto, un serio problema: la presenza delle Porsche 908/3, velocissime e leggere. Si classificarono al terzo posto, ma per noi vinsero quell’edizione. Una gara che non dimenticherò mai! Era veramente da infarto vederlo fiondarsi in curva. Un grande campione! Per entrare nel cuore dei tifosi, paradossalmente non servono solo i successi. Si può vincere poco e restarci per sempre. Avrebbe raggiunto vette altissime in questo sport che ti regala le più forti emozioni, ma che quando colpisce fa male, molto male. Il destino non ha voluto, ma per noi Ignazio Giunti non è mai morto. Ciao, Campione!
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