Come uomo di scienza, ma anche amante della storia, della letteratura e di tutte le arti in generale, ho reputato “Venere” la migliore rubrica atta ad accogliere l’articolo sulla sindrome di Stendhal che, dalla sua recente scoperta, mi ha suscitato un apprezzabile interesse degno di ulteriore ricerca. Ed è per questa ragione che mi sono permesso di aggiungere alcune considerazioni, a seguito di personali approfondimenti che non sono tuttavia mai stati analizzati ai fini di una più soddisfacente, sempre a mio modesto parere, analisi scientifica.
La Scienza definisce e inquadra tale sindrome come un’affezione psicosomatica. Questa definizione non mi trova del tutto d’accordo. In Medicina, affezione significa stato morboso (morbo è una parola che non gradisco), ma non ha importanza. Si chiama anche sindrome di Firenze perché molte crisi sono esplose nel capoluogo toscano, lo scrittore francese Marie Henry Beyle, in arte Stendhal (1783-1842) ne fu colpito nel 1817 durante la sua visita alla Basilica di Santa Croce a Firenze. E descrisse i sintomi: tachicardia, senso di panico, dispnea, vertigini. Si devono aggiungere anche, ma non sempre, stati confusionali e allucinazioni. È stata la psichiatra Graziella Magherini, nel 1979, a dare esatta descrizione di oltre cento casi esaminati con eccezionale scrupolo. Le opere d’arte sono quasi sempre fattori scatenanti e possono provocare, addirittura, stimoli atti alla distruzione delle stesse. La semplice osservazione di un quadro o di una statua provocano malessere inizialmente diffuso a livello somatico, in un secondo momento si aggiunge senso d’irrealtà. Non sono medico e non entrerò in particolari che, seppure conosciuti bene, non mi competono. Preciso soltanto che i soggetti colpiti non devono allarmarsi, poiché non sono ammalati, i sintomi non sono elementi che indicano patologia dello stato mentale. Ciò che mi preme mettere in evidenza sono alcune ricerche da me effettuate, anche come uomo di scienza, ma che non voglio valutare in tal senso, poiché non hanno prove certe. Di recente, ho ampliato lo scenario legato alla sindrome. Già era stato evidenziato che anche la musica moderna può fungere da detonatore. Adesso pare si debbano aggiungere altri elementi in grado, sempre secondo me, di provocare turbamenti simili a quelli descritti da Stendhal: un tramonto, un mare in tempesta, una melodia. In più: un’essenza odorosa, un volto, un sorriso, una voce, un legame affettivo. Tra l’altro non sembra necessaria, dopo la prima esperienza assimilata, la ripetizione della stessa, bastano o possono bastare il ricordo e l’immedesimazione in determinate realtà elaborate ad hoc e vissute con tale intensità emotiva da generare i turbamenti psicosomatici. In riferimento ai quali, bisogna aggiungere: aumento improvviso della temperatura corporea e incapacità totale – per fortuna temporanea - di deambulare. Sono state riferite anche ripercussioni sulla sfera sessuale, sempre di carattere transitorio. Trattasi di dati molto interessanti sotto il profilo della novità giacché non riferiti in letteratura medica e, quindi, potenzialmente in grado di fare comprendere meglio il funzionamento del nostro cervello.
Si sapeva già, fin dagli anni ’90, della presenza dei cosiddetti neuroni-specchio, la cui attività permette di spiegare dal punto di vista fisiologico la nostra capacità di porci in relazione con gli altri. Evidentemente, tale reazione è più complessa di quanto fin qui ipotizzato. Qual è, dunque, il limite dell’emotività umana? E, soprattutto, esiste un limite? Volendo fare un’astrazione: s’interrompe con la morte del corpo? O ciò che ci ha procurato struggente commozione in questa vita continuerà anche nella dimensione ultraterrena? Domande che aprono scenari di ricerca affascinanti, non soltanto dal punto di vista medico. Un dato è certo: senza reazione ai sentimenti, non esiste vita. Risposta esagerata nei confronti del Bello, della Grazia, della Delicatezza? Può darsi. Tuttavia, non credo abbia molta importanza. Di fronte a tali Doni, l’aggettivo esagerato mi appare, infatti, del tutto fuori luogo. Siamo creature dell’Armonia, che non è, né potrebbe essere, mai esagerata, essendo libera da confini e restrizioni. Dunque, perché meravigliarsi se il corpo e la mente restano sconvolti da tutto ciò che, seppure a livello microscopico, la riproduce? I malesseri? Sono il prezzo richiesto per vederla così com’è. E di fronte alla Sua grandezza, mi sembra anche fin troppo modesto.
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