L’estate appena trascorsa è stata tra le più roventi degli ultimi decenni, con ondate di calore che hanno messo a dura prova anziani, bambini e ammalati in particolare. Eppure, le temperature raggiunte hanno rappresentano ben poca cosa se raffrontate con quelle che, fisiologicamente, si registrano in altri luoghi del nostro pianeta. Ma quali sono e fino a che punto possono arrivare? Il campione indiscusso è il deserto del Lut, nella provincia di Kerman, in Iran, al confine con l’Afghanistan. Qualche anno fa, un satellite ha rilevato la temperatura più alta della Terra, 70,7°C. Tale località è stata definita abiotica, cioè non compatibile con la vita, nemmeno a livello batterico. Il secondo posto spetta al Queensland, in Australia, con 69.3°C. Trasferiamoci in Cina, a Turpan, mitica città sulla Via della Seta, situata a quasi 160 metri sotto il livello del mare, con 66.7°C. In Libia, a El Azizia, 55 chilometri a sud-ovest di Tripoli, con 58°C. In California-Nevada, nella Death Walley (Valle della Morte). È un Parco Nazionale, noto anche perché al centro della depressione si trova il punto più basso del Nord America. Il 10 luglio 1913, si raggiunsero i 57°C. Ritorniamo in Libia occidentale, a Ghadames, al confine con Algeria e Tunisia, 55°C. Ancora in Africa, a Kebili, nella Tunisia centrale, sempre 55°C. Raggiungiamo adesso Timbuctù, antica e leggendaria città del Mali, oggi dichiarata Patrimonio dell’umanità dall’Unesco. È situata nel Sud-Est del deserto sahariano, non molto distante dal fiume Niger. Sulla sua esistenza e immensa ricchezza, non ci furono prove certe fino ai primi anni del 1800, quando lo scozzese Mungo Park la raggiunse risalendo il grande fiume. Purtroppo, nel corso di una seconda spedizione, l’ardito esploratore perse la vita. L’imbarcazione sulla quale viaggiava s’incastrò tra i massi e fu aggredita da indigeni. Park e tre collaboratori, per sfuggire a frecce e lance, si gettarono in acqua e annegarono. A Timbuctù si registrano anche 54°C. Ora una visita in Israele, a Tirat Tsvi, il più grande centro di produzione dei datteri, al confine con la Giordania. Qui si arriva a 53.9°C. Infine, Wadi Halfa, nel nord del Sudan, vicino al lago Nasser o Nubia. Fa registrare solo 52.8°C. Come tanti sanno, le zone desertiche sono, paradossalmente, molte fredde durante la notte. Il fenomeno è provocato da una forte perdita di calore per irraggiamento e dalla lontananza dai mari. Inoltre, la mancanza di vegetazione esercita un ruolo negativo nel bilancio termico tra terra e atmosfera. Le piante costituiscono una validissima protezione per due motivi: fungono da schermo contro l’irraggiamento e le radici riescono ugualmente a raggiungere le falde acquifere. La traspirazione mitiga l’eccesso di calore. In sintesi, dopo avere preso atto delle infernali temperature che contraddistinguono molte zone della Terra, possiamo definire l’estate 2012 con due aggettivi: fresca e gradevole! Tuttavia, è meglio che non si ripeta.
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