Gravità, gravitazione: sentendo o leggendo queste parole, come riflesso condizionato, ci abbaglia il genio di Newton. E tuttavia, credo sia interessante soffermarci su alcuni commenti a tal riguardo, pubblicati nel 1887. Non già per alimentare dubbi fuori luogo, ma per onorare quel desiderio di verità e conoscenza che non può (e non deve) essere condizionato da timori reverenziali nei confronti di chicchessia. Leggiamo: “Qui propriamente si lusingano i Moderni di avere un nobile vantaggio della gravitazione universale, immaginandosi di essere stati i primi a scuoprire il principio della gravitazione universale, che riguardano come una verità sconosciuta agli antichi. Frattanto è facile di far vedere, che essi non hanno fatto che seguir le tracce di quegli antichi Filosofi, partendo dal medesimo principio, e guidati dalle stesse ragioni. È pur vero che i Moderni hanno chiaramente dimostrate le leggi di questa gravitazione universale, o le hanno spiegate colla maggior nettezza e precisione; ma è altresì vero, che in questo solo si restrigne tutto il loro operato, senz’avervi nulla aggiunto di nuovo. Seppero gli Antichi che il moto curvilineo degli astri è un risultato della combinazione delle due forze de’ moti, a’ quali sono assoggettite: moto rettilineo e della linea perpendicolare. Conobbero altresì le ragioni di questi due moti o sia di queste forze contrarie e si spiegarono su questo assunto come fecero i Moderni, a riserva soltanto de’ termini di centripeto e centrifugo, delle quali espressioni Essi nondimeno avevano dato l’equivalente. Conobbero ancora l’ineguaglianza del corso de’ Pianeti e l’attribuirono alla differenza della loro gravità reciproca e alle loro distanze proporzionali fra di loro: ovvero, (ch’è lo stesso, e per esprimerlo co’ termini consacrati da’ moderni Filosofi) conobbero LA LEGGE DELLA RAGIONE INVERSA DEL QUADRATO DELLA DISTANZA AL CENTRO DELLA RIVOLUZIONE. Empedocle si pretende che sotto il nome di AMORE abbia inteso disegnare una legge, una forza che portasse le parti della materia ad unirsi fra di loro; ed a cui non manca altro, che il nome di ATTRAZIONE. Si vuole parimente, che col nome di DISCORDIA abbia preteso disegnare un'altra forza, che costringeva queste medesime parti ad allontanarsi le une dalle altre e che Newton appella una forza di SEPARAZIONE. I Pittagorici e i Platonici trattando della creazione del Mondo, intesero la necessità di ammettere l’effetto di due forze di projezione e di gravità, affin di poter rendere ragione delle rivoluzioni de’ Pianeti. Timeo di Locri, parlando dell’anima del Mondo che mette tutta la natura in moto, dice che IDDIO L’AVEA DOTATA DI DUE FORZE, LE QUALI ERANO COMBINATE SECONDO CERTE PROPORZIONI NUMERICHE. Platone dice che Iddio impresse agli astri il MOTO CHE AD ESSI ERA PIU’ PROPRIO; il che non può essere altro che il moto rettilineo che li fa tendere verso il centro dell’Universo, ovvero la gravità, e che in seguito, da un impulso laterale, questo moto era stato cambiato in circolare. Diogene Laerzio dice che sul principio i corpi di questo Universo furono agitati tumultuariamente e con moto disordinato, ma che poi Iddio regolò il loro corso colle leggi naturali e proporzionali. Anassagora, essendo interrogato sulla ragione che riteneva i corpi celesti nella loro orbita malgrado la lor gravità, rispose che la rapidità del loro corso li conservava in quello stato e che se quel moto violento venisse a diminuirsi, rotto l’equilibrio, rovescerebbe tutta la macchina del Mondo. Plutarco ha parimente veduta la forza reciproca che fa gravitare i pianeti gli uni sugli altri e, dopo aver spiegato la ragione della tendenza de’ corpi terrestri verso terra, ne cerca l’origine IN UNA ATTRAZIONE RECIPROCA FRA TUTTI I CORPI, CH’E’ CAGIONE CHE LA TERRA FA GRAVITARE VERSO DI LUI I CORPI TERRESTRI; NON ALTRIMENTI, CHE IL SOLE E LA LUNA FANNO GRAVITARE VERSO I LORO CORPI TUTTE LE PARTI, CHE AD ESSI APPARTENGONO, E DA UNA FORZA ATTRATTIVA LE RITENGONO NELLA LORO SFERA PARTICOLARE. Egli applica in seguito questi medesimi fenomeni ad altri più in generale e da quello che accade sul nostro globo, deduce in virtù del MEDESIMO PRINCIPIO TUTTO CIO’ CHE DEVE ACCADERE NEGLI ALTRI CORPI CELESTI RISPETTIVAMENTE AD OGNI UNO PARTICOLARE, e li considera conseguentemente nel rapporto ch’essi debbono
avere, secondo questo principio, gli uni relativamente agli altri. Rischiara questo rapporto generale COLL’ESEMPIO DI CIO’ CHE ACCADE ALLA NOSTRA LUNA NELLA SUA
RIVOLUZIONE INTORNO ALLA TERRA, PARAGONANDOLA AD UNA PIETRA NELLA FROMBOLA, LA QUALE PROVA DUE FORZE TUTTE IN UN TEMPO: la forza cioè del moto di projezione, che la porterebbe ad allontanarsi, se non fosse ritenuta dal braccio che agita la frombola e che è la forza centrale, la quale combinata colla forza di projezione, le fa descrivere un cerchio. Parla ancora in altro luogo di quella forza inerente ne’ corpi, vale a dire nella terra, e negli altri pianeti, per tirare verso di loro tutti gli altri corpi che sono ad essi subordinati; di forte che è impossibile di non ravvisare in tutte le autorità allegate una forza CENTRIPETA, che fa tendere i pianeti verso il loro centro comune ed un forza CENTRIFUGA, che ne l’ontana, ritenendoli nelle loro orbite. Lucrezio, inoltre, condivideva tale visione e aggiunse l’ardita conseguenza che non vi era affatto centro comune nell’Universo. Resta infine da esaminare se gli Antichi conobbero quali erano le leggi in virtù delle quali opera la forza di gravitazione e se credessero che esse fossero in ragione delle loro masse e secondo la proporzione della loro distanza. È certo che non ignorassero che il corso degli astri si faceva in virtù di proporzioni costanti e definite. Lucrezio, dopo Democrito e Aristotele, pensava che LA GRAVITA’ DE’ CORPI ERA PROPORZIONALE ALLA QUANTITA’ DELLA MATERIA DI CUI ERANO I CORPI COMPOSTI. Ed abilissimi Newtoniani, ch’esser dovrebbero i più interessati di conservare al loro Maestro la gloria di essere stato il primo a scuoprire quella verità onde si forma il principale ornamento del lor sistema, sono stati anch’essi i primi ad indicar le sorgenti onde sembra che fossero state attinte. È vero che vi è bisognata tutta la penetrazione di un Newton, di un Gregorio, di un Maclaurino per conoscere e scuoprire la legge inversa del quadrato delle distanze (che Pittagora aveva insegnato) ne’ pochi frammenti che ci sono stati trasmessi della sua dottrina: ma è verissimo altresì ch’essa vi si trova, poiché i medesimi newtoniani NE CONVENGONO E SONO I PRIMI AD APPOGGIARSI ALL’AUTORITA’ DI PITTAGORA PER DAR PESO AL LORO SISTEMA. Plinio, Microbio e Censorino hanno parlato dell’armonia che Pittagora aveva osservato regnare nel corso dei pianeti. Plutarco gli fa dire esser verisimile CHE I CORPI DEGLI ASTRI, LE DISTANZE, GL’INTERVALLI DELLA SFERA, LE VELOCITA’DEL LORO CORSO E DELLE LORO RIVOLUZIONI SONO PROPORZIONALI TRA DI LORO E PER RAPPORTO AL TOTALE DELL’UNIVERSO. Una corda di musica, dice Pittagora, dà il medesimo suono che un'altra corda, la di cui lunghezza è doppia, allorché la tensione e la forza colla quale l’ultima è tesa è quadrupla. E LA GRAVITA’ DI UN PIANETA E’ QUADRUPLA DELLA GRAVITA’ DI UN ALTRO, IL QUALE E’ A UNA DISTANZA DOPPIA. In generale, affinche’ una corda di musica possa arrivare all’unisono di una corda più corta della medesima specie, la sua tensione dev’essere aumentata nella stessa proporzione che il quadrato della sua lunghezza e’ più grande: ED AFFINCHE’ LA GRAVITA’ DI UN PIANETA DIVENGA UGUALE A QUELLA DI UN ALTRO PIU’ PROSSIMO AL SOLE DEV’ESSERE AUMENTATA A PROPORZIONE CHE IL QUADRATO DELLA SUA DISTANZA DAL SOLE E’ PIU’ GRANDE. Se dunque supponghiamo due corde di musica TESE DAL SOLE AD OGNI PIANETA, perché queste corde arrivino all’unisono, BISOGNEREBBE AUMENTARE O DIMINUIRE LA LORO TENSIONE NELLE MEDESIME PROPORZIONI, CHE SAREBBERO NECESSARIE PER RENDERE EGUALI LE GRAVITA’ DE’ PIANETI. Dal paragone di questi rapporti, tirò Pittagora la sua celebre dottrina dell’armonia della sfera”.
Prof. Giuseppe Pitrone
Nota: tratto da un antico testo del 1887.
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