Sarà inusuale, ma spesso rileggo i romanzi che mi fecero gradita compagnia negli anni, ormai lontani, della giovinezza. Riprovo sempre le stesse emozioni, la stessa totale gratificazione. Il motivo è semplice: trattasi di autentici capolavori. Tra i preferiti, Il Cucciolo, di Marjorie Kinnan Rawlings.
Qualche notizia sull’Autrice. Nata a Washington, l’8 agosto 1896, esordì come giornalista. Spronata dal marito, si dedicò alla letteratura, iniziando con racconti e novelle. Il primo romanzo fu La luna nascosta (1928), al quale seguì Le mele d’oro (1935). Tuttavia, come spesso accaduto ad artisti immortali, non ottenne alcun successo. Nel 1938, invece, vinse il Premio Pulitzer con l’opera oggetto di questa modesta recensione, diventando famosa in tutto il mondo. Morì a St. Augustine (Florida) nel 1953. Dal libro fu realizzato (1946) un film altrettanto bello e indimenticabile, del regista Clarence Brown e interpretato da Gregory Peck, Jane Wyman, Claude Jarman jr. (Oscar giovanile 1947) e Flag. Quest’ultimo, però, pur essendo coprotagonista, non è (era) un attore, bensì un… cerbiatto. Ma procediamo con ordine. La famiglia Baxter - composta dal padre Ezra “Penny”, dalla madre Orry e dall’unico figlio Jody – vive in una foresta della Florida. I campi sottratti alla selva con duro lavoro, qualche capo di bestiame e la selvaggina forniscono di che vivere degnamente. La natura è del tutto incontaminata e Jody, seguendo l’esempio del padre, l’ama con tutto se stesso. Tuttavia, la vita è molto dura per lui, soprattutto per un motivo: non ha amici. Il centro abitato è molto lontano e raramente vi si recano, sul carro trainato dal vecchio Cesare. Dunque, la solitudine gli rovina un’esistenza altrimenti del tutto gratificante. Sì, c’è Icaro, l’ultimo nato in casa Forrester (l’unica famiglia relativamente vicina), ma oltre alla lontananza c’è il problema della sua menomazione fisica, che lo fa isolare in un modo fantastico, pieno di sogni e leggende. In seguito a un drammatico avvenimento, Jody adotta Flag, un cerbiatto appena nato (di qui il titolo del romanzo) che ha perso la madre. Finalmente il ragazzo ha un vero compagno di giochi e di vita! Tuttavia, dovrà rinunciare alla sua adorata compagnia, in seguito a travolgenti e dolorose vicende che, temporaneamente, lo mettono in conflitto con il padre.
Il romanzo è a dir poco avvincente. La descrizione dei luoghi è talmente efficace da apparire addirittura incredibile: il lettore ha davvero la sensazione di bere nei ruscelli, partecipare alle battute di caccia, ammirare albe e tramonti, trovarsi di fronte a un orso inferocito. I personaggi sono molto ben delineati e intrisi di una forte umanità, pur nei difetti comuni a ogni essere umano. Particolarmente importante il rapporto tra Jody e il padre, così intenso e interdipendente da costituire un modello di comportamento per figli e genitori di ogni epoca. Tuttavia, sono le lezioni di vita quelle che rappresentano il punto di forza del capolavoro: venerazione delle gerarchie, senso del dovere, rispetto dell’ambiente naturale, gratitudine a Dio anche per ogni più piccolo dono concesso. Una visita sporadica in città è occasione di gioia, qualche metro di stoffa comprata con i sudati risparmi fa piangere di gioia la signora Baxter, al pari di un dolce per il pranzo di Natale, di un raccolto un po’ più abbondante, di una buona battuta di caccia. E quanta tristezza per non avere il pozzo davanti casa! Esiste, poi, un altro aspetto di enorme importanza: le esperienze dolorose che, pur restando tali, rafforzano il carattere e fanno proseguire il cammino terreno con maggiore forza d’animo.
“Sei tornato diverso. Hai ricevuto un duro castigo. Non sei più un ragazzo, Jody. Ora ti parlo da uomo a uomo. Tu credevi che io t’avessi tradito. Non sono stato io, Jody, è stata la vita. Tutti vogliono la vita bella, e facile. Bella è, ma facile no. La vita è crudele. Abbatte il suo uomo, e l’uomo si rialza, e lei lo abbatte di nuovo. Io ho fatto di tutto perché tu potessi divertirti con… ma hai visto anche tu che era impossibile. Ora che hai imparato cos’è la fame, non ti passerà più per la testa di tentare la fortuna sul mare, come Oliver. Sarò felice se deciderai di stabilirti qui per sempre, a coltivare la nostra terra. Sarò felice il giorno in cui riuscirai a scavare il pozzo, così che tua madre, o tua moglie, non siano più costrette a fare il bucato nei boschi. Ti senti di promettermelo?”
“Sì, papà”.
“Qua la mano”.
Queste parole, quasi alla fine del libro, rappresentano una lezione immortale. Molti ragazzi moderni - così fragili, insicuri e soli - potrebbero ricavare un immenso beneficio dalla lettura del capolavoro di Marjorie Kinnan Rawlings.
Giuseppe Pitrone
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