Centrali nucleari: il gioco vale la candela?
Per rispondere a questa domanda, è necessario avere almeno qualche informazione sul funzionamento di una centrale a fissione. In teoria, l’impianto non è eccessivamente complicato. Entriamo nei dettagli. Un certo quantitativo di materiale fissile è contenuto nella parte più importante, il nocciolo o core. È qui che avviene la reazione nucleare che produce calore e neutroni. Il primo alimenta le turbine a vapore, i secondi mantengono la reazione stessa. C’è, poi, il sistema di raffreddamento, cioè un complesso di tubi nei quali circola fluido refrigerante necessario per asportare il calore del nocciolo. Le sostanze utilizzate per il raffreddamento possono essere gassose (elio, anidride carbonica, aria) o liquide (sodio fuso, acqua pesante, acqua, sodio-potassio). Infine, dispositivi di controllo, strumenti di misura, sistemi di schermatura per la protezione dei tecnici – soprattutto da raggi gamma e neutroni - e sistemi ausiliari che garantiscono il corretto funzionamento dell’intera centrale. In pratica, però, i pericoli che rappresenta questo metodo di produzione energetica dovrebbero fare accapponare la pelle anche ai più ottimisti. Il perché è da ricercare, anzitutto, nel tempo di dimezzamento (o emivita) di un isotopo radioattivo. Cos’è questo tempo? Quello necessario affinché la metà degli atomi iniziali dell’elemento considerato si trasformino in quelli di altri elementi. Alcune sostanze radioattive hanno un tempo assai breve: 24 giorni per il torio, otto per lo iodio, addirittura appena un decimillesimo di secondo per un isotopo del polonio. Purtroppo, però, in una centrale nucleare sono usati come combustibili soprattutto uranio e plutonio. Orbene, ecco i dati a tal riguardo: 4,5 miliardi di anni e 24 200 anni. Cioè devono trascorrere 4,5 miliardi di anni affinché l’uranio perda la metà della sua carica radioattiva. Di fatto, in caso di incidenti, le zone contaminate resteranno tali per un’eternità. Con inimmaginabili effetti negativi sull’ambiente e gli esseri viventi. Nel caso di Chernobyl il disastro si verificò in una zona poco abitata, ma a Fukushima le cose sono andate diversamente. I Giapponesi si sono comportati in modo esemplare, ma resta e resterà il drammatico dato che la radioattività lì è e lì rimarrà. C’è, poi, il problema delle scorie e del loro smaltimento. Per scorie s’intende il combustibile esaurito che si deve eliminare dal reattore. Anche in questo caso, il materiale conserverà una tremenda pericolosità per migliaia di anni. Finora il problema delle scorie non è stato risolto in modo accettabile, ci si limita a depositarlo in siti più o meno sicuri e chi si è visto si è visto. Ma il problema dei problemi è un altro: proprio nei momenti cruciali – quelli, per esempio, di un serio incidente al nocciolo - si è impotenti a intervenire. Tutta la sicumera sbandierata va a farsi benedire. E si resta alla totale mercé degli eventi, sperando in miracoli. Orbene, alla luce dei dati forniti, coloro che minimizzano i rischi ( o che, addirittura, li escludono categoricamente) sono dei criminali, autentici criminali. Se in buona o cattiva fede, non ha importanza. Miliardi di anni! Come si può, di fronte a un dato così terrificante, continuare a percorrere la strada della tecnologia nucleare? Anche se la probabilità di in disastro fosse – e non lo è – praticamente vicina a zero, una mente sana dovrebbe escludere l’installazione di una centrale a fissione. In quanto a coloro che si nascondono dietro la constatazione di essere – per quanto riguarda l’Italia – circondati da questi impianti, rispondo che è altrettanto criminale aggiungere male a male. Sarebbe come sostenere: poiché moltissimi rubano, tanto vale che rubi anch’io. La verità è che imperano immensi interessi economici di gruppi e avidità di energia dei popoli. I due fattori si uniscono e impongono la costruzione di nuove fonti di pericolo. In una sola questione i fautori del nucleare hanno ragione: l’Italia non ha mai scelto in modo serio, è rimasta nel limbo energetico e dipende da altri Paesi per l’approvvigionamento. Tuttavia, è ormai troppo tardi. I summenzionati incidenti stanno imponendo una revisione di comportamento a livello globale, sarebbe follia nella follia iniziare quando gli altri pensano di smettere o, quantomeno, ridimensionare. Per quanto mi riguarda ho le idee molto chiare: oppositore accanito della fissione, fautore altrettanto accanito della ricerca. Guai a smettere l’attività di ricerca! L’Italia è la patria di Fermi e Majorana, solo per citare i nomi più illustri. Possediamo, cioè, l’ingegno più che sufficiente a produrre il nucleare pulito e sicuro. Che, tra l’altro, esiste già e si chiama “fusione nucleare fredda”. Checché ne dicano scienziati-ciarlatani al servizio di potenti gruppi industriali e politici, questo metodo sicuro è una realtà. Per il momento inauditi interessi economici osteggiano in ogni modo possibile – legale o illegale - l’utilizzo di tale metodica, ma è questa la strada da percorrere. Alla fusione fredda sarà dedicato un articolo dal titolo indicativo: “Una sporca faccenda”.
Prof. Giuseppe Pitrone
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